sabato 27 maggio 2017

La Cappella di Eleonora de Toledo. Un capolavoro di Agnolo Bronzino






   L'arte è una presenza costante nel panorama cittadino di Firenze, una delle caratteristiche peculiari che contribuisce a trasmettere, attraverso la sua moltitudine e varietà, l'identità del luogo e del suo sviluppo.
Inevitabile, nell'immancabile rassegna dei suoi monumenti ed opere, tralasciare o trascurare qualche luogo che meriterebbe maggiore attenzione ed approfondimenti.
Fra i luoghi che ogni giorno sono maggiormente frequentati dai turisti vi è senza ombra di dubbio Palazzo Vecchio, simbolo della città e dei suoi governi.
Sorto sui resti di un precedente edificio appartenuto alla famiglia ghibellina degli Uberti, caduti in disgrazia ed esiliati nel 1266, il Palazzo dei Priori -nome che assunse in origine- venne edificato tra il XIII ed il XIV secolo al fine di ospitare gli alloggi dei Priori e del Gonfaloniere di Giustizia. 
Come emblema di Firenze, il palazzo è legato inevitabilmente alla famiglia de' Medici la cui storia, più di altre, è unita alla città. 
Nel 1539 Cosimo de'Medici chiedeva, attraverso un suo ambasciatore presso l'imperatore Carlo V, la mano di Eleonora de Toledo, figlia secondogenita del viceré di Napoli, don Pedro Alvarez de Toledo y Zuniga. Compiendosi le nozze, Cosimo mirava a garantirsi l'appoggio della fazione spagnola degli Alba-Toledo e del marchese del Vasto, presso l'imperatore Carlo V, il cui appoggio appariva decisivo nel mantenimento e consolidamento del potere mediceo in Toscana. Il matrimonio venne celebrato prima per procura e poi con cerimonia ufficiale il 29 giugno del 1539. In occasione dei festeggiamenti vennero ingaggiati alcuni artisti quali il Bachiacca, il Salviati ed il Bronzino a cui vennero affidate le realizzazioni degli apparati scenografici che avrebbero fatto da sfondo all'evento. 
Agnolo Bronzino (1503-1572) colpì particolarmente Cosimo I che ne apprezzò le capacità e lo stile. Superfluo è ribadire quanto la corte medicea e lo stesso Cosimo fossero consapevoli dell'importanza dell' impegno di patrocinare e proteggere le arti che assumevano il ruolo di prova tangibile della grandezza e vivacità culturale della famiglia.  Bronzino divenne l'artista di maggior peso ai tempi di Cosimo I, podio che gli venne sottratto solo con l'arrivo di Giorgio Vasari.
Già nel 1540, Cosimo prendeva possesso di Palazzo Vecchio, avviando una campagna di restauri ed ammodernamenti che stravolsero l'originario assetto dando alle sale un'immagine nuova. 
A tale opera fu chiamato a partecipare Bronzino, che oltre ad essere il ritrattista dei Medici ebbe modo di occuparsi delle decorazioni di alcuni ambienti quali la Cappella di Eleonora de Toledo, oratorio privato posto nell'ala degli appartamenti privati della duchessa, costruita dall'architetto Giovan Battista Tasso.
Bronzino iniziò ad occuparsi della decorazione di quest'ambiente nel 1540 incentrando il programma iconografico sul tema dell'Eucarestia e sulla Vita di Mosè. Per la parete d'altare l'artista realizzò una prima Deposizione (oggi al Musée des Beaux-Arts di Besançon) che conquistò a tal punto l'ambasciatore di Carlo V,  Nicolas Perrenot de Granvelle, in visita per negoziati diplomatici a Firenze nel 1545, da spingere l'abile Cosimo a fargliene dono. 
La tavola venne sostituita nel 1553 da un'opera quasi identica, realizzata dallo stesso Bronzino. Anche le tavole poste ai lati della Deposizione subirono sostituzioni: oggi due pannelli con l'Annunciazione sostituiscono  un San Giovanni Battista  e un San Cosma.




La seconda Deposizione che si osserva oggi è molto simile nella struttura e nella costruzione scenica all'opera di Besançon: il Cristo esanime è fra le braccia della Madre, San Giovanni Evangelista ne sostiene il capo mentre la Maddalena regge il peso delle gambe; un gruppo di donne addolorate e tre uomini avviliti sono posti alle spalle del gruppo principale: in due dei tre volti maschili a destra, letti come Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea, c'è chi avanza la tesi si possano riconoscere lo stesso Bronzino ed il Pontormo. Il registro superiore della tela è completato da un gruppo di angeli in volo che recano i simboli della Passione.

Le pareti laterali sono decorate ad affresco con episodi della Vita di Mosè come prefigurazione di Cristo. Il Passaggio del Mar Rosso e l' Investitura di Giosuè occupano la parete destra della cappella dove il pittore scelse di raffigurare Cosimo I nelle vesti di Mosè e, nella donna incinta posta alle sue spalle, la duchessa Eleonora. La contro-facciata è occupata dall'episodio dell' Adorazione del Serpente di Bronzo dove si palesa un richiamo al Giudizio Universale di Michelangelo per la resa plastica ed imponente che Bronzino seppe restituire nei corpi delle figure qui realizzate.

Il soffitto della cappella, anch'esso opera del Bronzino, ripropone una volta ideale che divisa in quattro sezioni da putti e festoni di frutta, ospita in ognuna di esse un santo particolarmente caro alla devozione di Eleonora de Toledo.




Al di sopra della pala d'altare, Bronzino pose San Michele Arcangelo nell'atto di colpire il demonio a cui seguono San Francesco che riceve le stigmate con uno stupito fra Leone. Nella sezione opposta a quella occupata di San Michele, in corrispondenza alla parete d'entrata, un imponente San Girolamo penitente rimanda nella sua fisicità a modelli ancora una volta da ricercare nelle opere di Michelangelo sia per la cura nella realizzazione sia per la posa, richiamo ravvisabile anche nel successivo riquadro occupato da un solenne San Giovanni Evangelista.







Il centro della volta è occupato da un ovale a fondo oro con il Vultus Trifrons, il volto trifronte simbolo della Trinità, incorniciato da frutti e fiori, nella più squisita resa manierista. 
Originariamente tale sezione venne decorata con lo stemma dei Medici e dei Toledo che sostituito però nel 1565 dallo stesso Bronzino che vi realizzò l'immagine che ancora oggi vi si osserva. Tale modifica potrebbe essersi resa necessaria al fine di sviare le polemiche che sarebbero potute nascere dall'omaggio reso da quattro santi allo stemma di una casata. 
Agnolo Bronzino impiegò cinque anni per portare a compimento la prima stesura della decorazione a cui, si è visto, ritornò in più di un'occasione ad apportare modifiche. Il suo operato restituisce oggi la testimonianza non solo del mecenatismo mediceo di Cosimo I ma anche il contesto e l'approccio stilistico della Firenze della prima metà del XVI secolo, una Firenze in cui ha già preso dimora l'orientamento manierista, che di lì a poco avrebbe visto, nei medesimi luoghi, realizzarsi l'opera del Vasari.






Informazioni 
La Cappella di Eleonora de Toledo è posta al secondo piano del Museo di Palazzo Vecchio. 
Piazza della Signoria, Firenze.

Bibliografia
A. Cecchi- Palazzo Vecchio- Roma, 1995.
A. Emiliani- Bronzino- Milano, 2004.
J.Cox-Rearick- Bronzino's Chapel of Eleonora in Palazzo Vecchio- Berkley, 1993. 
A. Paolucci- Bronzino- Firenze, 2002.





 

martedì 16 maggio 2017

Il Castello Caetani di Trevi nel Lazio





   Percorrendo i paesi dell'entroterra laziale capita frequentemente di scorgere castelli o resti di antiche fortificazioni che testimoniano il passato di quei luoghi. A volte a conservare memoria di antichi eventi restano poche tracce, ma in altri casi il castello, rocca o mastio si sono trasformati nell'emblema di comunità locali il cui profilo ambientale è da secoli caratterizzato da quei resti. L'esigenza di munirsi di impianti difensivi, innalzati su alture che potessero garantire un'ottima visuale verso le aree circostanti, costituiva un principio a cui già si ricorreva nella scelta dell'istallazione dei castra delle legioni romane. Con la caduta dell'Impero Romano, a cui seguirono frequenti scorrerie di barbari riversatesi sul territorio, tale necessità tornò a farsi pressante sia a scopo militare che per offrire riparo agli abitanti in occasione di attacchi.
Nell'anno 839 d.C., il dilagare delle truppe saracene nel sud e centro Italia portò violenze e devastazioni che non risparmiarono neppure il cenobio benedettino di Monte Cassino, in provincia di Frosinone. Ciò contribuì a diffondere nelle restanti aree laziali un forte senso di insicurezza, spingendo le comunità locali a correre ai ripari approntando circuiti difensivi ex novo, o più frequentemente, a reimpiegare i resti di antiche strutture militari.
In tale clima di minaccia incombente vennero a trovarsi anche le comunità insediate nella valle dell'Aniene, stretta tra i monti Ernici ed i Simbruini.


La valle dell'Aniene vista dalla torre del Castello Caetani

Qui sorge l'antica Treba, oggi Trevi nel Lazio, nata, secondo alcuni, dall'insediamento di una comunità di Equi spintasi verso il fiume Aniene durante l'ondata migratoria del VI sec. a.C..
Durante l'età imperiale vi venne insediata la Legio I Augustea la cui presenza valse a Treba l'appellativo di Augusta. Alla caduta dell'Impero la sua popolazione subì un incremento giustificabile dal riversamento su tale area delle popolazioni limitrofe, bisognose di trovare un riparo dalle violenze delle invasioni barbariche. La crescita demografica verificatasi a partire dal V sec. d.C. coincise con la sua elevazione a sede episcopale, titolo che venne conservato fino al 1060 e con l'edificazione di una cattedrale dedicata a San Teodoro oltre che con l'estensione del proprio potere amministrativo sulle limitrofe Collalto, Filettino, Jenne e Vallepietra. Papa Niccolò II (980-1061) sancì la soppressione di tale diocesi riconducendo Trevi e le sue precedenti competenze sotto il potere di Anagni, giustificando tale scelta con l'impoverimento del territorio e la sua inflessione demografica.
Nel XII sec. Trevi si costituì come libero comune grazie anche alla spinta di domini e milites locali che auspicavano una maggiore autonomia. Sebbene l'antico statuto sia andato purtroppo perduto alcuni principi sono stati ripresi ed inglobati nell'atto comparso  nel 1534 ad opera del cardinal commendatario Francesco Colonna.


Il castello edificato sullo sperone roccioso

All' XI sec. risalirebbero le prime menzioni sul castello di Trevi, sito su di uno sperone calcareo nella parte più alta dell'abitato: sconosciuta resta la data della sua edificazione e il contesto esatto in cui essa si verificò. E' probabile ritenere che un primo progetto di semplice assetto difensivo si rendesse necessario proprio in occasione dell'invasione saracena e che su quegli edifici venissero poi a svilupparsi nei secoli i corpi di fabbrica che ne determinano oggi l'impianto.


La torre


Oggi il castello si presenta stretto da alte mura perimetrali con mastio emergente autonomo rispetto alle restanti strutture la cui sommità è delimitata da una cornice guelfa che cela caditoie.
Al suo interno si sviluppava un'area di servizio il cui accesso era garantito da un passaggio posto a nord ed un'area residenziale il cui ingresso si apriva sul lato ovest. Sebbene sua la superficie si sviluppi in  soli 800 mq, l'articolazione interna era disposta in modo da garantire piena funzionalità sia abitativa che difensiva.


L'interno delle mura del castello

Le mura esterne si offrono alla vista quasi prive di finestre che invece risultano aperte verso la corte interna, ciò a garantire la difendibilità della rocca.
Antiche documentazioni attestano che la sua costruzione ed i successivi ampliamenti siano da ascriversi all'opera di maestranze locali.

Nel corso dei secoli il castello è stato detenuto da diverse famiglie: durante l'anno 1000 fu concesso in feudo a madonna Francesca, consorte di Giovanni da Genazzano, che in tal modo aggiunse Trevi ai propri possedimenti. Nell'anno 1257 papa Alessandro IV (1199-1261), membro della famiglia feudataria della vicina Jenne, donò Trevi ed il suo castello al nipote Rinaldo de Rubeis nell'ottica di assicurare al papato un circuito di fortezze che potessero garantire la difesa in un momento in cui più duri si facevano i contrasti con la casata di Svevia. Sotto il pontificato di Urbano IV (1195-1264), nell'anno 1262, Rinaldo venne cacciato da Trevi poiché il suo orientamento politico di matrice ghibellina e le simpatie dimostrate verso il partito svevo lo condussero prima a stringere alleanza con Matteo dei Conti di Segni e poi a legarsi allo stesso Manfredi di Svevia. La cacciata da Trevi provocò la nefasta reazione di Rinaldo che appiccò le fiamme al castello sebbene nel 1267, salito al soglio di Pietro Clemente IV (1200c.-1268), venisse ufficialmente reintegrato nei suoi possessi recuperando anche il dominio su Trevi ed il suo maniero, curato per breve periodo da fra Martino dei Templari.
Sebbene possesso di diversi feudatari succedutisi negli anni, la rocca trebana è nota anche come Castello Caetani, ciò a causa dell'acquisto che si concluse nel 1297 tra gli eredi di Rinaldo ed i nipoti di papa Bonifacio VIII (1230-1303), Pietro e Francesco Caetani che ne perfezionarono l'acquisizione solo nel 1302. Sotto il dominio dei Caetani furono avviate diverse migliorie alle strutture della rocca sebbene, nello stesso periodo, la popolazione di Trevi iniziasse a patire restrizioni più severe alla propria libertà. Lo stesso pontefice vi soggiornò in diverse occasioni, promulgando da Trevi diversi atti ufficiali. Il dominio della famiglia Caetani su Trevi durò quasi due secoli fino al 1471, anno che vide la cacciata di Antonio, Cristoforo e Niccolò, figli di Miozia Caetani, ultima signora di Trevi. Con l'allontanamento dei Caetani però Trevi non cessò di essere coinvolta in episodi storici di rilievo: nell'anno 1483 i trebani fecero erigere all'ingresso del paese la Cappella della Madonna del Riposo come voto per la fine della pestilenza che si abbatté nella zona nell'anno 1476 e per essere sfuggiti alla devastazione delle truppe guidate da Alfonso III d'Aragona, Duca di Calabria, che fermò la sua soldataglia in prossimità del luogo dove sarebbe sorta la cappella, risparmiando così gli abitanti ed il loro castello.
Dopo un breve periodo di dominio esercitato dall'abbazia di Subiaco, la rocca passò sotto la tutela dei cardinali commendatari fra cui i Borgia ed i Colonna. A partire dal 1753 il castello abbandonato vide iniziare un lento declino che durò fino all'unità d'Italia ed al passaggio alla pubblica amministrazione che lo restituì alla comunità locale.

Oggi il castello, la cui campagna di restauro si è conclusa da alcuni anni, ospita al suo interno l'esposizione di reperti provenienti da un tempio rinvenuto in località San Nicola e databili al III sec. a.C.: capitelli, statuette votive e materiale ceramico testimoniano la vitalità cultuale degli abitanti della valle dell'Aniene secoli prima l'affermazione del cristianesimo.

Statuetta femminile in bronzo. III sec. a.C.

Testa in terracotta. III sec. a.C. (frammento)

Reggifiaccola fittile. III sec. a.C.

Capitello proveniente dall'area archeologica in località San Nicola


Poco distante dall'antica civita, Trevi riserva però ancora alcune curiosità circa la sua storia e le sue ricchezze ambientali. A valle si sviluppa il Parco Naturale dei Monti Simbruini dove si incontrano il fiume Aniene ed il Simbrivio e da dove traeva origine l'acquedotto dell'Acqua Marcia nel II sec. a.C.
La ricchezza di acque del territorio ne giustifica e permette di comprendere gli stanziamenti umani e la nascita di piccoli agglomerati.
Nell'area del parco infatti, poco distante dalla scenografica cascata di Trevi, sorgeva il castello ed il borgo di Comunacque "Ad commune Aquae, sive ad Aquas communes", sviluppatesi sui precedenti resti di una villa romana. Sorta intorno al 1082, non si possiedono notizie certe circa la struttura medievale anche se si è portati a credere che si trattasse più di un agglomerato di abitazioni che di un vero e proprio castello. Scarsi sono anche i dati che permetterebbero di stilarne la storia, ma da un inventario redatto ad Anagni nell'anno 1294 si indica il luogo come dominio di tal Petruccia, nativa di Piglio, che ebbe il possesso di Comunacque fino al 1300. Il suo declino iniziò intorno al 1470, probabilmente in occasione della fine del dominio dei Caetani sull'area.

E' superfluo ricordare quanto la storia dei nostri borghi abbia da raccontare ai visitatori e quanto sia importante scoprirla per conservare traccia del nostro passato...


Cascata di Trevi



Informazioni
Il Castello di Trevi nel Lazio è visitabile il venerdì, sabato e domenica dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 19:00. 
L'ingresso è gratuito.
Se si giunge in auto è consigliabile fermarsi al parcheggio esterno alle mura e proseguire a piedi fra le stradine che conducono al castello.
Via Eresio Fertore 1, Trevi nel Lazio (Frosinone).

Bibliografia
Amati A.- Il Castello di Trevi nel Lazio in Casali e Castelli di Roma e nel Lazio. "Lunario Romano" VII, pp.11-41- Roma, 1977.
Giammaria G. (a cura di) - Castelli del Lazio meridionale: contributi di storia, architettura ed archeologia- Roma, 1998.
Patitucci Uggeri S. (a cura di)- Archeologia del paesaggio medievale. Studi in memoria di Riccardo Francovich- coll. Quaderni di archeologia medievale 9. - Borgo San Lorenzo,2007.
Pierantoni D.A. (a cura di G. Giammaria)- Aniene illustrato- Anagni, 2003.
Silvestrelli G. Zocca M.- Città, castelli e terre della regione romana: ricerche di storia medioevale e moderna sino all'anno 1800 - Vol. I.- Roma 1970.
Zinanni D.- Trevi nel Lazio- Roma, 1974.