lunedì 30 aprile 2018

Il Castello di Giulio II ad Ostia




   Ad Ostia, di fronte l'ingresso di una delle aree archeologiche più famose in Italia, la massiccia mole di una rocca accoglie quanti giungono qui, interessati a perdersi fra cardi e decumani degli scavi ostiensi. Quella costruzione massiccia, dai mattoni arancioni e la pianta irregolare è nota come il castello di Giulio II. In realtà Giuliano della Rovere -poi papa con il nome, appunto, di Giulio II (1443-1513)- non fu il committente del castello, le cui origini sono bensì più remote, ma fu piuttosto fra quelli che seppe maggiormente caratterizzarne il complesso. 
Dopo la decadenza dell'antica Ostia, accelerata probabilmente dalla perdita dei diritti municipali trasferiti alla vicina Porto durante il IV sec. d.C., la zona visse un'inesorabile decadimento che ne condizionò il calo demografico. La malaria e le zone incolte invasero il territorio, ma la vicinanza al mare, la prossimità con il Tevere e il persistere delle attività di estrazione salina non ne permisero il totale abbandono. Durante il IX sec. con il moltiplicarsi delle incursioni saracene lungo le rotte tirreniche, si rese necessario presidiare l'area che, innegabilmente, rivestiva un  ruolo strategico fondamentale. Sotto papa Gregorio IV (827-844) in questi luoghi venne fondato un piccolo abitato corrispondente approssimativamente all'attuale borgo, identificato con il nome celebrativo di Gregoriopoli, dove si insediarono gli operai delle saline con le loro famiglie.
Il carattere di presidio difensivo iniziò ed esplicitarsi ai tempi del pontificato di Nicola I (858-867) che principiò un'opera di fortificazione dell'abitato, ripreso sotto i papi Gregorio IX (1170-1241) e Bonifacio IX (1350-1404) che aggiunsero torri e mura,  ed ancora Martino V a cui va il merito di aver innalzato una torre circolare, il cui impianto, sebbene rimaneggiato nei secoli, conserva ancora il nome del suo committente. 
Il borgo di Ostia ai tempi dei papi appariva come un vero e proprio avamposto di avvistamento e difesa, un diaframma tra il mare e Roma, oltre che svolgere il ruolo di dogana pontificia per le merci che transitavano sul Tevere.  Il controllo del castello era quindi di fondamentale importanza poiché poteva rivelarsi decisivo non solo nel contrastare attacchi esterni, ma essere strumentale nella lotta politica fra avverse fazioni locali che ambivano all'affermazione del proprio potere.
Nel 1471 salì al soglio di Pietro Sisto IV (1471-1484) sotto cui si aprì una fase dinamica di interventi edilizi nell'area dell'Urbe e nelle zone limitrofe, interessando la stessa Ostia. Qui, il cardinale Guillaume d'Estouteville diede il via ad un progetto di riassetto del borgo che interessò l'area abitativa, la cattedrale, il palazzo episcopale e l'impianto fortificato. Il castello, munito di mura, torri di avvistamento e circondato da un fossato allagato dalle acque del vicino Tevere, andava sempre più assumendo i tratti di un presidio d'importanza politica tutt'altro che secondaria.
Alla morte di d'Estouteville, Giuliano della Rovere assurse al ruolo di vescovo di Ostia, contando sull'appoggio dello zio Sisto IV.




Durante il suo vescovato, la rocca subì decisivi interventi strutturali e decorativi atti a potenziare sia l'aspetto fortificatorio preesistente, ma anche a porre attenzione all'elemento residenziale e di rappresentanza arricchita di raffinati apparati decorativi.
L'architetto Baccio Pontelli, che aveva precedentemente operato presso la corte di Federico da Montefeltro ad Urbino sotto la guida di Francesco di Giorgio Martini, venne chiamato dal pontefice a Roma nel 1482 , ed ingaggiato da Giuliano della Rovere per i lavori della rocca di Ostia: il suo nome compare insieme a quello del cardinale sul portale d'ingresso al castello. Per molti anni diversi dubbi hanno circondato il nome dell'architetto qui attivo che, sulla base di quanto riportato dal Vasari, fu a lungo ed erroneamente identificato con Giuliano da Sangallo. L'iscrizione sull'architrave d'ingresso, scoperta solo nel XIX sec., contribuì, definitivamente, a gettare luce sull'identità, ricordando il maestro come BACCIO PONTELLO FLORENT. ARCHITECTO.



Ostia non rappresentava l'unico baluardo del potere di Giuliano, il quale aveva già provveduto a realizzare una rete di fortificazioni nel Lazio, come Grottaferrata e Civita Castellana.
Nell'approccio progettuale Pontelli dimostrò di aver pienamente acquisito l'insegnamento impartitogli da Francesco di Giorgio, ricorrendo più volte alle direttive tracciate da quest'ultimo nel suo Trattato di architettura civile e militare, prestando particolare cura alla realizzazione del muro di scarpata ed alla sua altezza (rapporto di 2/3 rispetto all'altezza totale, angolo di sporgenza di 76°), alla difesa orizzontale frontale e laterale, alla difesa piombante. Il castello roverasco si configurò come una struttura militare all'avanguardia per innovazioni tecniche, ed essenziale per la locazione strategica di importanza ancor più focale nel momento in cui salì al soglio pontificio Rodrigo Borgia, papa Alessandro VI, di cui Giuliano della Rovere era acerrimo avversario.  Durante la guerra d'Italia (1494-1495),  nel momento in cui il sovrano francese Carlo VIII discese in Italia puntando verso il sud, la rocca di Ostia, venne assediata dall'esercito napoletano chiamato dal papa a difesa di Roma e strappata a Giovanni della Rovere -fratello di Giuliano- dalla soldataglia comandata da Fabrizio Colonna. Il sopraggiungere delle truppe francesi però rovesciò il primo assetto, costringendo il pontefice a cedere a Carlo VIII il libero passaggio sui territori della Chiesa nonchè alcune fortezze di importanza tattica tra cui la stessa Ostia. Nel 1497 la rocca ritornò nei pieni possedimenti di Alessandro VI che promosse un'azione di recupero del complesso a seguito dei danni riportati durante gli scontri degli anni precedenti. Quando nel 1503 salì al soglio pontificio , Giulio II eliminò ogni traccia delle modifiche apportate dal papa Borgia: al piano terra trovarono locazione i vani di servizio, i piani superiori vennero destinati ad ospitare l'appartamento del pontefice.

Superato l'ingresso principale, da una corte interna a pianta poligonale si aveva la possibilità di accedere sia alle aree di servizio sia agli appartamenti papali. Al pian terreno, fra ambienti adibiti ad usi diversi, si annoverano il bagno cosiddetto "del papa" e le casematte voltate a botte.
Le casematte rappresentano una delle caratteristiche più interessanti della struttura, poiché restituiscono uno degli schemi difensivi più efficienti adottati nel castello: il corridoio veniva intervallato da pareti diaframma -in passato chiuse all'occorrenza da porte- in cui si aprivano, ai lati dei passaggi, feritoie da cui era possibile continuare un'azione di difesa in caso di infiltrazione del nemico in quest'area.

Dal cortile, passato un portale in travertino sormontato dallo stemma papale di Giulio II, si accede ad uno scalone, articolato in quattro rampe voltate, che in origine era completamente affrescato.
Oggi purtroppo parte di quella decorazione appare di difficile lettura a causa del deterioramento di cui è stata oggetto nel corso del tempo, ciononostante, quanto rimane tramanda al visitatore il progetto del pontefice che in questo luogo coniugava la rocca militare alla residenza rinascimentale raffinata e solenne. Negli ambienti dello scalone, fra finte architetture e false cornici eclettiche in stucco, si susseguono grottesche, gruppi di figure ed alcune scene delle fatiche di Ercole. Il richiamo all'eroe mitologico non può apparire casuale, bensì inserirsi in quello che potrebbe essere ritenuto un richiamo simbolico alle imprese condotte dal "papa guerriero", in un parallelismo metaforico tra personaggio storico e figura leggendaria.




Corte interna


Prima rampa scalone Giulio II

Stemma di papa Alessandro VI Farnese

Ercole contro i centauri



Sui nomi degli artisti impegnati nella realizzazione di queste pitture non esiste alcuna certezza assoluta. Il pittore senese Baldassarre Peruzzi aveva già realizzato opere per Giulio II, oggi perdute, e realizzò in collaborazione con il collega Jacopo Ripanda gli affreschi del palazzo dell'Episcopio di Ostia. E' probabile propendere verso una sua possibile presenza anche durante la fase decorativa dello scalone del castello, almeno in fase progettuale sebbene un'altra figura sembri emergere in questi ambienti, quella del pittore Cesare da Sesto, identificato dalla critica per i parallelismi fra alcuni riquadri ostiensi ed un suo taccuino da disegno conservato presso la Morgan Library di New York.


Se gli affreschi superstiti testimoniano dell'aspetto residenziale del castello, questo viene ribadito nell'allestimento museale approntato nelle sale superiori del mastio, dove sono raccolti esemplari di ceramica rinvenuta in loco e databili tra il medioevo ed il cinquecento. 
Alcuni reperti particolarmente preziosi restituiscono sia la raffinatezza della mensa dei potenti occupanti, quanto l'attenzione nella scelta di realizzazioni provenienti da botteghe e luoghi specializzati nella produzione di alta ceramica, come nel caso del piatto da "pompa", opera di artigiani derutesi che nel XVI sec. ne decorarono la sfinge recante lo stemma Piccolomini in blu cobalto ed oro.




Boccale in stile ceramica di Montelupo (XVI sec.)

La metà del XVI sec. iniziò a segnare un lento declino del castello di Ostia, scatenato da due eventi che si rivelarono sfavorevoli. Il primo può essere indicato nella cosiddetta "Guerra del sale" che prese avvio nel 1555 a seguito della decisione impopolare del pontefice Paolo IV di aumentare i dazi sull'importazione di sale che provenivano dal Regno di Napoli. Tale mossa provocò la reazione degli Spagnoli le cui truppe, guidate da Fernando Alvarez de Toledo, duca d'Alba e viceré di Napoli, posero d'assedio il castello costringendolo a capitolare. L'anno successivo, 1557, lo straripamento del Tevere apportò ingenti danni ai baluardi difensivi, mentre il successivo ritirarsi delle acque portò allo spostamento dell'ansa fluviale che venne a trovarsi ben più distante dalla rocca, che perdeva così il suo controllo diretto sul corso del fiume. Negli anni seguenti, la dogana pontificia venne spostata in una diversa sede posta nell'area di Tor San Michele e progettata da Michelangelo Buonarroti e Giovanni Lippi. 


Tor San Michele, Ostia

La perdita del ruolo amministrativo portò il castello verso il degrado, essendo destinato prima a fienile e successivamente a carcere, dopo aver subito un saccheggio ad opera della soldataglia spagnola  ancora nel 1736. Solo a partire dal 1859 iniziarono prime campagne di recupero e restauro del castello che si ripeterono durante il XX sec. per giungere alle ultime campagne realizzate tra il 2003-2008. Il castello ed il borgo di Ostia esercitano un fascino innegabile su chi le visita, dalle sue torri lo sguardo spazia fin verso Roma, in un continuo dialogo che non cesserà mai...




Bibliografia
Chiabò M., Gargano M.- Le rocche alessandrine e la rocca di Civita Castellana. Atti del convegno (Viterbo 19-20 marzo 2001)- Roma 2003.
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Pannuzi S. (a cura di)- Il Castello di Giulio II ad Ostia Antica- Firenze, 2009.
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