domenica 10 marzo 2024

Santa Maria della Ferraria. La testimonianza del suo splendore attraverso l'edicola di Malgerio Sorello

 







   La diffusione del monachesimo cistercense nella nostra penisola seguì dinamiche e tempi di sviluppo differenti fra le aree settentrionali e quelle meridionali. A tale disparità concorsero in parte le eterogenee realtà socio-politiche delle regioni peninsulari interessate dal fenomeno. Se lo sviluppo delle abbazie cistercensi al nord dovette inevitabilmente relazionarsi con i poteri locali, per il meridione il confronto doveva avvenire principalmente con i poteri centrali, rappresentati da sovrani regnanti e imperatore. Nel sud Italia i tre cenobi delle Tre Fontane (Roma), Casamari (Veroli) e Fossanova (Priverno) arrivarono a dirigere, in qualità di case-madri, un numero tutt'altro che esiguo di abbazie e competenze sparse nei territori  meridionali: realtà che, sebbene satelliti, seppero a volte ritagliarsi, seppur per brevi lassi di tempo, ruoli piuttosto rilevanti. Testimonianza di tali dinamismi si possono scoprire nella storia dell'abbazia di Santa Maria della Ferraria, nel territorio di Vairano Patenora. 


Il sentiero che conduce all'abbazia


Edificata a partire dall'anno 1171 ai piedi della collina detta "della Verdesca", su di un'area donata dal conte Riccardo di Sangro all'abbazia di Fossanova, Santa Maria della Ferraria vide consacrata la sua chiesa il 23 novembre 1179, sotto la guida del priore Pietro. Probabilmente i lavori del complesso monastico si protrassero oltre tale data, andando ad ampliare negli anni il progetto originario, che la Chronica dell'abbazia narra realizzato dal monaco di Fossanova, Giovanni de Ferraris.

Riconosciutale la dignità di abbazia già nel 1184, Santa Maria della Ferraria s'inserì nel contesto locale come una florida realtà, guadagnando la stima  e la considerazione comune grazie all'accorta politica di alcuni dei suoi abati, abili nell' intessere relazioni fruttuose con la corte normanna ed il papato: relazioni che garantirono al cenobio l'estensione di possedimenti e privilegi paragonabili a quelli goduti da monasteri di maggior rilevanza. Gli anni di dominio normanno furono anni in cui il monastero si vide confermati privilegi, donazioni e potenti protezioni già precedentemente accordate. 

Nell'anno 1201 venne eletto a guida del cenobio l'abate Taddeo, uomo rivelatosi esperto politico e dotato di indiscusse doti diplomatiche. La sua abilità lo condusse a svolgere un ruolo considerevole nei rapporti con l'imperatore Federico II di Svevia, il papato ed il capitolo cistercense. Le visite che Federico II effettuò all'abbazia della Ferraria - l'11 febbraio 1223, in occasione del viaggio intrapreso per incontrare il pontefice Onorio III, e nel 1129, anno in cui, in pieno conflitto con Gregorio IX, si trattenne nel monastero per ben tre giorni- testimoniano il tipo di legame che univa il sovrano al cenobio ed al suo abate. Tuttavia con il trascorre del tempo, passato lo splendore iniziale, l'abbazia iniziò un lento quanto inesorabile declino che la portò alla perdita di quel ruolo ragguardevole rivestito nei primi decenni di esistenza: la condotta discutibile assunta progressivamente dai suoi monaci, gli attriti con la corte angioina e il calo del suo peso politico determinarono la sua esclusione dagli scenari storici più dinamici. 

Trasformata in commenda nell'anno 1461, Santa Maria della Ferraria veniva non solo a perdere definitivamente la propria autonomia, ma poté assistere all'ineluttabile sgretolarsi di una realtà che non avrebbe conosciuto più alcuna ripresa. Se nel 1793 lo stato di commenda terminava a favore del passaggio al Regio Patronato, 14 anni dopo, nel 1807, la vita dell'abbazia giungeva al suo termine con l'abolizione degli istituti monastici, disposta dal governo francese, e che decretò la trasformazione del complesso edilizio religioso, convertendolo in masseria.

Oggi restano scarse testimonianze di quel luogo che ospitò imperatori e dignitari; i ruderi dell'antico complesso monastico, avvolti dalla vegetazione, poco si prestano alla lettura di chi vorrebbe scorgervi la storia passata. Perduto nella quasi totalità l'edificio chiesastico, sopravvive, in stato precario, una piccola cappella laterale, sita al termine di un corridoio gradonato: cappella che nella sua esiguità conserva tuttavia un tesoro inaspettato per il visitatore.




 Al suo interno infatti troviamo un'edicola scavata nella muratura e decorata con un affresco realizzato su due registri sovrapposti. Nella lunetta superiore trova spazio, su campo azzurro, l'immagine della Vergine in veste azzurra e manto rosso e con in braccio il Bambino benedicente. Li circondano i santi Pietro e Paolo, recanti i tradizionali attributi delle chiavi e del libro, contornati da figure di santi, estremamente lacunose, nell'intradosso dell'arco. In particolare, la figura dipinta nell'intradosso, alla sinistra di S. Pietro, la cui identificazione risulta ardua a causa della caduta dell'intonaco nell'area corrispondente al volto, completa la scena contestualizzandola con il gesto di presentare l'anima ignuda del defunto ricordato nel registro inferiore.









La scena della lunetta è separata dall'affresco sottostante da un un'iscrizione in lettere gotiche di colore bianco su banda rossa: il testo ricorda Malgerio Sorel, l'uomo di cui si rappresentano i funerali nel registro inferiore dell'affresco (Hec e(st)mei Malgerii memoria hic traditi vermibus et cineri relictis po(m)ppis secu(li) hoc templum iussi construi Chr(ist)e largitor p(re)mii tue matri virg(i)ni qua(m) mici erede statui cum hoc conve(n)tu nobilis ferrarie cenobii cui(Us) munim(en)volui q(u)(i) s[ib](i) totu(m) p(rae)bui. Mag[n](a)tis nom(en) renui cu(m) veste spero monaci(i) i(n) tuam domu(m) ingredi spes una mu(n)di p(er)diti). Sebbene parzialmente ed irrimediabilmente danneggiata per il distacco di parte dell'intonaco, la scena ripropone il tradizionale momento delle esequie di un devoto in veste candida, steso su di un catafalco e circondato da due schiere di monaci. Fra questi ultimi, alcuni studiosi individuano la figura di Pietro Angelerio da Morrone eletto, nel 1294, al soglio di Pietro con il nome di Celestino V e ricordato da Dante Alighieri come il papa del "gran rifiuto". Ma chi era stato  l'uomo la cui anima nell'iscrizione veniva affidata a Cristo e alla Vergine e la  memoria all'affresco? Malgerio Sorel, conte di Torcino e Sant'Agata, feudatario normanno potente e facoltoso, signore di vasti possedimenti terrieri in Terra di Lavoro, fu falconiere dell'imperatore Federico II di Svevia. Caduto in disgrazia presso il sovrano dopo aver partecipato alla congiura antimperiale di Capaccio (1245-1246), Sorel scelse di terminare i suoi giorni indossando la veste cistercense,  fra le mura  dell'abbazia della Ferraria. Albasia, vedova di Sorel, dispose la donazione di Torcino e Sant'Agata  a favore del cenobio e, sempre per suo volere, qui venne realizzata la cappella in memoria del consorte.






Cercare di immaginare l'abbazia nel suo periodo di splendore non è certo cosa facile, non solo per le numerose trasformazioni d'uso subite nel corso dei secoli, ma anche in ragione dello stato di abbandono in cui versano da lungo tempo i ruderi dell'antico complesso. Aggirandosi tra le rovine di Santa Maria della Ferraria si ha la possibilità di scoprire ancora qualche labile traccia che ha sfidato l'incuria del tempo e l'invasione della vegetazione, restituendo al viaggiatore tenui testimonianze: sparute tracce di affreschi spuntano su lunette di dimenticate cappelle, alcune leggibili ma altre ormai troppo indecifrabili per restituire l'antico tema narrativo; decori architettonici che sfidano i secoli, ormai fragili nella loro emarginazione dalla storia, in attesa di un riscatto di quella che dovrebbe essere una più che giusta attenzione da tributare ad uno dei monumenti storici più significativi e meno noti del casertano. 






INFORMAZIONI

L'Abbazia della Ferraria si trova nel comune di Vairano Patenora in provincia di Caserta. E' raggiungibile percorrendo la SP96- Vairano Patenora (CE).


BIBLIOGRAFIA

CAIAZZA D. "Terra di Lavoro, Terra di Santi. Eremiti e Monachesimo nell'Alta Terra di Lavoro da Benedetto a Celestino V." Raviscanina, 1 luglio 2005.

DI SANO F., BARALDI P., BENSI P. "I dipinti duecenteschi dell'edicola funeraria di Malgerio Sorello nella Abbazia di Santa Maria di Ferraria (Caserta): vicende storiche, tecniche esecutive, conservazione in "Progetto Restauro. Trimestrale per la tutela dei Beni Culturali", anno 11, 39, 2006.

HOUBEN H., VETERE B. "I Cistercensi nel Mezzogiorno medievale", 1994.

LOFFREDO M. "I Cistercensi nel Mezzogiorno medievale (Secoli XII- XV)", Novara, 2022.

NUZZO M. "La memoria di Malgerio Sorello nell'abbazia di Santa Maria della Ferraria. Indagini preliminari su un monumento inedito del Duecento in Campania, in "Arte Medievale", serie II, VII, 2, 1994, pp.77-96.

SCANDONE F. "S. Maria di Ferraria" in “Rivista di Scienze e Lettere”, IX (1908/09).

VITAGLIANO G. "L'abbazia della Ferrara a Vairano Patenora. Alcune considerazioni preliminari sull'evoluzione della chiesa" in "Nella Terra di Fina. Scritti in memoria di Vittorio Ragucci." a cura di A. Panarello  e G. Angelone.