martedì 14 febbraio 2017

I Van Gogh ritrovati: Ospiti d'eccezione al Museo di Capodimonte







   Van Gogh è fra quei pittori la cui opera si dimostra capace di suscitare nel pubblico, anche fra chi non possiede approfondite competenze artistiche, un attenzione che è riservata a pochi altri; se poi al suo nome si lega il sensazionale recupero di due  opere, trafugate dal museo di Amsterdam nel 2002 e recuperate grazie alle indagini della Procura e  della Guardia di Finanza di Napoli nel settembre 2016, si apre uno scenario che offre un'opportunità di riflessione su due lavori spesso noti solo agli addetti al settore.
La produzione pittorica di Vincent Van Gogh, concentrata tra il 1881 ed il 1890, si compone di circa 900 opere, tra pitture e disegni, lavori che contribuirono a sancirne il successo solo dopo la morte.
In Olanda, sua terra natale, è raccolta una parte considerevole della sua produzione, divisa tra le collezioni del Museo Van Gogh di Amsterdam, il Kroller-Muller di Otterlo ed il Museo Boijmas Van Beuningen di Rotterdam. Nel dicembre 2002 le due tele "La spiaggia di Scheveningen durante un temporale" (1882) e "Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen" (1884) vennero trafugate da ignoti che le sottrassero facendone perdere le tracce. Recuperate in Italia, nel settembre scorso, durante un azione investigativa svoltasi in Campania, i due quadri sono momentaneamente esposti nelle sale del Museo di Capodimonte di Napoli, che ospiterà le due tele fino al 26 febbraio 2017, per poi ritornare ad occupare nuovamente il posto lasciato vuoto in questi anni ad Amsterdam. Visionare queste opere nella loro provvisoria locazione rappresenta quindi un evento unico sia dal punto di vista culturale, poste all'interno di un contesto artistico di elevato livello quale Capodimonte, sia dal punto di vista della consapevolezza dell'impegno profuso dalle forze dell'ordine nel tutelare il patrimonio artistico.

"La spiaggia di Sheveningen durante un temporale" fu dipinto durante la permanenza dell'artista nella cittadina dell'Aia. Ritenuto un ambiente favorevole alla formazione di un giovane pittore, in questo centro Van Gogh ebbe la possibilità- grazie anche al sostegno del cugino e pittore Anton Muve- di venire in contatto con il circolo Pulchri Studio, frequentato da molti giovani artisti della scuola dell'Aia e trovare così terreno fertile per confronti costruttivi. Scheveningen, sul finire del XIX secolo, era già un luogo dagli spiccati tratti turistici sebbene a questi si andassero affiancando ancora le peculiarità tipiche di un piccolo paese di pescatori. Van Gogh vi si recava per esercitarsi a dipingere le sue dune e il suo mare, un panorama a cui si mescolavano i pescatori del luogo, intenti a trascinare le proprie imbarcazioni sulla spiaggia, trainandole con cavalli. Il pittore realizzò qui due tele, mostrando la spiaggia in due momenti differenti, sebbene dipinte a pochi giorni l'una dall'altra: "La spiaggia di Scheveningen" (Marine Art Museum-Minnesota), fermata in una calda giornata soleggiata e quella oggi esposta a Napoli, dove l'artista sceglie di fermare l'essenza del luogo durante una tempesta, con la salsedine e la sabbia portata dal vento che andava depositandosi sulla tela, impastandosi con i colori ad olio.




Abbandonata l'Aia, dopo un breve soggiorno a Drenthe, spinto da problematiche finanziarie, Van Gogh ritorna alla casa paterna, a Nuenen, dove al padre, Vincent Willem Van Gogh, era stato affidato il priorato della cittadina. L'attenzione che l'artista dedica al proletariato e alla vita dei contadini, espressa con un intento privo di edulcorazioni, si ripropone anche nelle opere realizzate in questo periodo. "Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen", realizzata come dono per la madre, riprende, probabilmente, la canonica del padre, circondata dai fedeli appena riversatisi all'esterno dell'edificio. Alla struttura centrale della chiesa, circondata da alberi, si associa una presenza umana quasi anonima, fatta di individui dediti al lavoro e i cui nomi non sono destinati a passare alla storia. Analisi compiute sulla tela hanno dimostrato ripensamenti e modifiche dell'autore che vi operò diversi cambiamenti nel tentativo forse di raggiungere una piena armonia compositiva.




Due tele dalle dimensioni contenute ma testimoni della storia di un grande artista, tasselli della cultura  di una paese quale l'Olanda a cui, da oggi, sarà legato anche un pezzo di Italia.





Ringraziamenti
Si ringraziano gli operatori della Guardia di Finanza per la gentile disponibilità.

Informazioni
Le opere di Van Gogh saranno esposte presso il Museo di Capodimonte a Napoli fino al 26 febbraio 2017.

Bibliografia
AA. VV.- Van Gogh. I capolavori ritrovati- Museo di Capodimonte- 2017.
F. Ammiraglio (a cura di)- Van Gogh. La vita e l'arte. I Capolavori- Skira.
C. Homburg (a cura di)- Vincent Van Gogh. Campagna senza tempo-Città moderna- Milano, 2010.



venerdì 10 febbraio 2017

Il ninfeo Aldobrandini di Frascati







"... la grande fontana del Belvedere Aldobrandini è pressappoco uguale 
a quella di Saint-Cloud;
a quanto mi sembrò è una delle più belle che si possono vedere al mondo."

Charles de Brosses


   
   Esiste un clivo nell'area dei Colli Albani la cui storia per molti secoli è stata indissolubilmente legata a Roma ed alle sue vicende. Un'antica leggenda vuole che qui giungesse Telegono, figlio di Ulisse e della maga Circe,  che conquistato dall'amenità del luogo scelse di fondarvi il primo insediamento di Tusculum
Posto a controllo della Valle Latina, l'antico stanziamento andò acquisendo importanza nel corso dei secoli, durante i quali venne prima assurto al rango di municipio romano -nel 381 a.C.- e successivamente andò trasformandosi in località prediletta dall'aristocrazia romana che vi edificò  sfarzose ville d'ozio, distanti dall'Urbe solo un giorno di cammino. 
Qui vennero edificate le ville di Lucullo, dei Quintili e di Cicerone che conquistato dalle bellezze del territorio decise di ambientarvi le sue Tuscolanae disputationes. 
Durante il medioevo, i tuscolani entrarono più volte in conflitto con Roma ed il Papato, fin quando il 17 aprile 1191, l'esercito romano distrusse definitivamente Tusculum, contribuendo a farne perdere la memoria per secoli. 
Intorno all'antica area sorsero poi piccoli agglomerati prevalentemente rurali: fra questi quella che sarebbe poi divenuta Frascati, il cui territorio ricade in parte nel perimetro dell'antica Tusculum.
A partire dal XVI secolo la corte papale andò sempre più interessandosi a queste zone nel tentativo di riportarne in auge la memoria.
Nel 1537, a seguito di un lungo periodo di vicariato, papa Paolo III riuscì a recuperare Frascati ai territori pontifici, promuovendo fra la corte di Roma la frequentazione di questi luoghi.
Nel 1546 veniva edificata la prima villa, la "Rufina", per Alessandro Rufini, già vescovo di Melfi ma nel giro di pochi anni a questo primo cantiere se ne sommarono molti altri, come quello per la "Caravilla" di Annibal Caro e Villa Mondragone per il cardinale Marco Sitico Altemps. 
In queste tenute i committenti e gli artisti che vi operarono, cercarono di far rivivere il fasto delle villae otium con i loro affreschi ed i giardini lussureggianti, promuovendo uno stretto legame fra dimora ed aree verdi.

Il 16 ottobre 1598 il cardinale Pietro Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII (1536-1605) riceveva in dono dallo zio la palazzina ed il parco della villa del Belvedere: all'arrivo del cardinal Pietro, l'immensa proprietà terriera, affacciata su Roma, ed il piccolo edificio, realizzato in stile toscano dai precedenti proprietari, furono investiti da interventi di trasformazione tali da rendere Villa Aldobrandini uno dei siti più suggestivi posti alle porte dell' Urbe. 
Il progetto per la realizzazione della sontuosa dimora fu affidato all'architetto Giacomo della Porta (1540-1602) che costruì l'edificio principale e disegnò il ninfeo che ne avrebbe arricchito il parco. Nel 1602 la palazzina era quasi terminata quando della Porta morì, ma i lavori non subirono rallentamenti, poiché gli subentrarono nel progetto Carlo Maderno (1556-1629) e Giovanni Fontana (1540-1614).
La realizzazione dell'intero complesso richiese lunghi lavori di terrazzamento al fine di ottenere rapporti prospettici in grado di valorizzare le strutture e donare così all'insieme un aspetto squisitamente scenografico.
La facciata, rivolta a valle ed aperta su una panoramica terrazza, è esempio di armonica ritmicità, scandita da lesene e completata  da una sopraelevazione con copertura a timpano dallo spiccato gusto classico.




Sul retro del palazzo si apre l'ingresso principale, inserito nel corpo centrale aggettante che si compone di logge sovrapposte di stile classico. Per le decorazioni dei suoi saloni, il cardinale Aldobrandini fece giungere a Frascati  artisti del calibro di Domenico Zampieri detto il Domenichino ed il Cavalier d'Arpino. Le decorazioni delle sale interne gareggiavano con lo scenografico spettacolo offerto dalla cascata digradante verso il suggestivo Teatro delle Acque, grandioso ninfeo di gusto barocco, oggetto d'ammirazione da parte di più di un visitatore- tra cui Stendhal che nel 1827 definì la villa "la più bella di tutte"- sia per le sue forme che per i giochi d'acqua qui ottenuti grazie all'avanguardia della tecnica d'allora.




Il ninfeo, progettato da Giacomo della Porta, veniva alimentato dalle acque provenienti da Montecompatri, che furono convogliate verso la villa grazie ai lavori idraulici realizzati tra il 1603 ed il 1610. 
L'esedra è articolata in cinque nicchie, intervallate da giganti canefori e decorazioni scultoree, all'interno delle quali trovano spazio statue e fontane monumentali che danno luogo ai giochi d'acqua. 




I miti antichi ispirarono la scelta decorativa di quest'area, in un connubio con un simbolismo celebrativo volto ad onorare la famiglia Aldobrandini ed i suoi potenti esponenti, che vengono ricordati dall'iscrizione che corre nel registro superiore della struttura.
Nella nicchia centrale, Jacques Sarrazin realizzò il gruppo scultoreo di Atlante che sorregge la volta celeste da cui zampillavano le acque. La scelta di Atlante richiamerebbe alla figura di papa Clemente VIII Aldobrandini nell'atto di reggere il mondo cristiano. La statua poggia i piedi su delle rocce da cui emerge il volto del gigante Encelado, figura mitologica, figlio di Gea, metà uomo e metà serpente. 




Ai lati della nicchia centrale si aprono due vani minori con ninfe e personaggi mitologici legati all'elemento dell'acqua mentre, nei due alloggiamenti più esterni, trovano locazione due gruppi scultorei, anch'essi di carattere mitico ma di dimensioni più accentuate rispetto alle precedenti: nella nicchia di sinistra è posta la statua di Polifemo che suona il flauto e a destra il Centauro che in origine recava una buccina, ora perduta. Inseriti in una finta grotta a concrezioni, sul fondo di entrambe le nicchie si aprono due finti spiragli decorati con temi vegetali quasi a voler ribadire la simbiosi fra gli elementi presenti nella tenuta.







Una curiosità legata a tali gruppi scultorei è rappresentata dal fatto che essi non si caratterizzano esclusivamente per i giochi d'acqua che vi si sprigionano ma anche per l'effetto sonoro prodotto dall'aria introdotta all'interno degli strumenti musicali, grazie ad un'attenta perizia tecnica, che contribuì a decretarne il successo fra gli ospiti e i visitatori.
Sebbene l'attenzione sia giustamente concentrata sull'esedra, la struttura rettilinea del ninfeo e la restante parte del parco offrono il quadro della cura nella decorazione profusa in questa villa, luogo di delizia e di svago ma anche esempio tangibile della celebrazione della famiglia Aldobrandini e di quanti ad essa subentrarono nel corso dei secoli. Inoltrandosi nel parco è infatti possibile incontrare il volto di un gigantesco mostro atteggiato in una smorfia digrignante - scolpito nella roccia nel 1612- e che sanciva l'inizio della salita verso la parte alta della tenuta. Osservando l'inquietante volto non si può non pensare al mascherone dell'Orco del Bosco di Bomarzo, di qualche decennio precedente a questo, che condivide con l'esemplare viterbese il significato metaforico di transito dal male al bene fatto di un cammino arduo ed in salita.




Nel 1638 l'intero complesso venne ereditato da Olimpia Aldobrandini, consorte di Camillo Pamphilj, i cui discendenti ne conservarono la proprietà fino al 1760, anno in cui, dopo diverse diatribe giudiziarie, entrò fra i beni di Camillo Borghese e poi al di lui fratello Francesco Borghese Aldobrandini. A tutt'oggi la tenuta rientra fra le proprietà della famiglia Aldobrandini.

Informazioni
Il parco ed il ninfeo sono visitabili dal lunedì al venerdì su prenotazione mentre il palazzo, residenza privata, è chiuso al pubblico.
Via Cardinal Massaia 18, Frascati, Roma.

Bibliografia
C. d'Onofrio- La villa Aldobrandini di Frascati- 1963.
C. de Brosses- Lettres familieres ecrites d'Italie- Parigi, 1888.
P. Hoffmann- Le ville di Roma e dei dintorni- Roma, 2001.
A. Ilari- Frascati tra Medioevo e Rinascimento con gli statuti esemplari nel 1515 e altri documenti- Roma, 1965.
C. Mazzetti di Pietralata (a cura di)- Giardini storici: Artificiose nature a Roma e nel Lazio- 2009.