domenica 5 maggio 2019

Il Castello di Avella






   Viaggiando sull'autostrada "Dei due mari" che scavalca i monti dell'Appennino campano collegando il mar Tirreno alla costa adriatica pugliese, lungo il percorso si susseguono piccoli centri, più o meno tipici, a volte distinti gli uni dagli altri per qualche traccia monumentale che ne connota il profilo. Lasciandosi alle spalle la provincia di Napoli ed addentrandosi in quella di Avellino, si incontra, adagiato sul declivio del monte che sovrasta la cittadina di Avella, un castello, o per meglio dire, i resti di un antico castello, cinto da due corone di mura difensive: si tratta del castello medievale di Abella, costruito ai tempi dei Longobardi a presidio del tracciato viario.
La storia dell'antica Abella -nota in passato sia per la produzione di nocciole (nux abellana) sia per aver dato il nome al genere teatrale delle atellane- è la storia di un piccolo centro dal fertile territorio che fu città sannitica e successivamente sottoposta al dominio della I Regio romana.
Tra i secoli II a.C. ed I d.C., il piccolo sito visse il periodo di maggior splendore: al I sec. a.C. risale  infatti la costruzione dell'anfiteatro -tutt'oggi esistente- mentre ancora osservabili sono i resti di sepolture monumentali, appena fuori l'abitato attuale, alcune delle quali databili ad epoca tardo-imperiale.
La fortuna di Avella non fu una costante della sua storia che, anzi, fu segnata da momenti di crisi tradottesi in contrazioni economiche e demografiche che si ripercossero sull'assetto urbano: basti pensare che il Consolare della Campania, Barbaro Pompeiano - ricordato da un'iscrizione rinvenuta presso Cimitile- nell'anno 333 d.C, promuoveva la ricostruzione di Avella, in evidente stato di urgenza, risparmiando i monumenti antichi locali dallo spolio ed utilizzando materiali ex-novo.


Mausolei della necropoli di Avella


Nonostante le sorti altalenanti, Avella non venne abbandonata né perse d'importanza strategica: la sua posizione geografica, attigua al fiume Clanis, ed a nord-ovest del passo di Monteforte Irpino, contribuì anche durante i secoli che seguirono alla caduta dell'Impero Romano, a confermarla come postazione di controllo lungo la tratta che dalla pianura campana raggiungeva la valle del Sabato e quindi la Puglia, .

L'instabilità politica che investì l'Italia a partire dall'alto medioevo, caratterizzata da lotte che videro contrapporsi i Bizantini ai Longobardi, non risparmiò la cittadina di Avella, terreno su cui a volte le due fazioni si affrontarono, oltre ad essere vessata dalla minaccia delle incursioni saracene.
Al confine con il Ducato di Napoli e Capua, assegnata nel IX sec. al principato di Salerno di Siconolfo, non molto distante dal principato di Benevento, il controllo e la difesa di Avella si configuravano come necessità di mantenimento del dominio sul territorio e sul tracciato viario che si apriva verso la Puglia, necessità che si concretizzava nell'esigenza di innalzare un presidio militare fortificato.
E' databile probabilmente all'affermazione longobarda su questi territori, la costruzione dell'originario castrum, eretto sul pendio del monte a guardia dell'antico abitato posto a valle. 
La prima struttura longobarda (costruita a 320 mt. s.l.m.) prevedeva una prima rocca circondata da una cinta muraria di pianta ellittica, intervallata da dieci semitorri, che abbracciava un'area di circa 10.000 mq. 
Le fonti storiche non abbondano di notizie circa le vicende ed i nomi dei signori longobardi che governarono il castello, più numerose sono le informazioni sugli assedi che il primitivo impianto longobardo affrontò: le scorrerie saracene dell'883, l'attacco condotto dai bizantini di Atanasio nell'887, e l'incursione degli Ungari nel 937, sono alcuni episodi salienti della storia del sito in questa sua prima fase.

L'arrivo dei Normanni nell' XI sec. confermò il castello di Avella, trasformato in feudo, nel suo ruolo di presidio strategico. La precedente struttura dovette rivelarsi inadeguata alle esigenze dei nuovi dominatori che intervennero con opere di ampliamento sull' originario insediamento: alla cinta muraria ellittica andò ad aggiungersene un' ulteriore a pianta poligonale, alternata da nove torri quadrangolari, edificata in posizione inferiore, ed inglobante un'area di 21.000 mq. Le fonti storiche appaiono più generose nel restituire i nomi dei signori normanni di Avella, ricordando come primo gastaldo "Aldoyno[...] ex militibus Abersano" , da alcuni storici collegato alla famiglia aversana dei Mosca. Tale legame ritornerebbe nei successori di Aldoino, come con Rainaldo II Mosca, signore di Avella, e nei suoi discendenti, che avrebbero conservato il potere sul feudo anche sotto la dinastia sveva. Con l'avvicendamento tra gli svevi e gli angioini, i Mosca avrebbero parteggiato per i nuovi arrivati, posizione che avrebbe garantito alla famiglia, oltre alla conferma del dominio su Avella, ulteriori onori e titoli. Alla morte dell'ultima erede dei signori di Avella, la contea passò ai del Balzo che la conservarono fino al 1432, anno in cui andò ad accrescere i possedimenti degli Orsini di Nola. E' a partire dal dominio di questa famiglia che inizia il decadimento della struttura del castello, danneggiato dai terremoti del 1456 e del 1466, è probabile che gli Orsini non abbiano investito cospicue risorse nel suo riassetto, favorendo così l'inizio di un declino continuato sotto i Colonna, entrati in possesso della fortezza nel 1534. Nel 1553 vennero avviati lavori di recupero promossi dalla famiglia Spinelli, subentrata ai Colonna: durante il loro dominio, complice un mutamento degli orientamenti architettonici del tempo, vennero realizzati interventi di modifica della rocca che avrebbe dovuto assumere più l'aspetto di un palazzo a discapito della sua origine schematicamente militare. L'aspetto difensivo però non venne per tale motivo trascurato, infatti con l'affermarsi dell'uso della polvere da sparo e quindi di armi che garantivano una maggiore gittata, i signori del castello intrapresero interventi di consolidamento delle difese, edificando strutture volte a garantire una resistenza agli attacchi più efficace. La ripresa del castello non sarebbe però durata a lungo, fermata dalla cenere dell'eruzione del Vesuvio che ne ricoprì le strutture nel 1631 decretandone così un lento abbandono.




Oggi il castello appare come un'entità indipendente rispetto all'abitato di Avella. Isolato sul suo declivio, vi si accede dopo aver percorso un breve tratto di strada sterrata, detta evocativamente via dei Normanni, che contribuisce ad amplificare la suggestione che questo luogo suggerisce.
Delle strutture interne alle mura è rimasto poco: l'imponente torre cilindrica, alta circa 20 mt., su base troncoconica, ed i resti del mastio di pianta rettangolare appaiono come gli edifici di più facile lettura architettonica, ma le campagne di scavo, condotte in passato, hanno messo in luce una serie di ambienti legati al regolare svolgimento della vita della fortezza, come una cisterna ubicata nell'area a sud-ovest, le scuderie e probabilmente una piccola chiesa per la devozione dei castellani. Le strutture superstiti mettono in luce la scelta tecnica dei costruttori di ricorrere alla tessitura muraria dell'opus incertum, facendo uso di pietra calcarea locale con sporadico uso di materiale di spoglio, probabilmente reperito fra i monumenti antichi già presenti in loco.
Il sito è aperto al pubblico ed è possibile visitarlo contattando il Comune di Avella che consente anche la visita nella necropoli monumentale e dell'anfiteatro previo appuntamento.



Bibliografia
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