domenica 28 febbraio 2021

La Castelluccia: lo svago del giovane Ferdinando IV alla Reggia di Caserta.

 


 



   Era il mese di aprile dell'anno 1734 ed un giovane Carlo di Borbone entrava in Campania con le sue truppe per liberare il Regno di Napoli dal malgoverno austriaco. Nonostante il Viceré di Napoli, Giulio Borromeo Visconti, tentasse di opporsi all'arrivo del giovane Borbone, nulla riuscì a fermare l'avanzata dello spagnolo che il 10 maggio dello stesso anno fece il suo ingresso a Napoli fra la soddisfazione dei napoletani. 

L'arrivo di Carlo di Borbone non fu un semplice avvicendarsi di casata alla guida del Regno di Napoli, ma sancì l'inizio di una fase di ricostruzione di un regno indipendente nelle aree meridionali  palesandosi, ben presto, come l'inizio di un nuovo periodo per il reame, non solo dal punto di vista politico ed amministrativo. Una fase che lasciò di sé tracce tangibili particolarmente in ambito architettonico, basti pensare agli interventi effettuati sul Palazzo Reale di Napoli, l'avvio della fabbrica della Reggia di Capodimonte ( che verrà destinata ad ospitare la cospicua collezione Farnese, eredità materna del sovrano), la Reggia di Portici, la Real Delizia di Carditello (https://ilcappellobohemien.blogspot.com/2018/01/il-sito-reale-di-carditello-la-delizia.html) ma la cui massima espressione resta, senza ombra di dubbio, l'edificazione  della grandiosa Reggia di Caserta, emblema di un sovrano e di un'epoca. 
La politica residenziale attuata dal sovrano va strutturandosi sull'esplicito progetto di porre Napoli sullo stesso piano delle principali città europee e poter gareggiare con queste ultime per sfarzo e ricercatezza.
Nello scegliere Caserta come luogo per l'edificazione del nuovo complesso residenziale regio, pesarono senz'altro la distanza dalla capitale e la possibilità per il sovrano di allontanarsi momentaneamente dal caos di Napoli, assicurandosi la possibilità di immergersi in svaghi e cacce. Ma a tutto ciò  si aggiungeva un aspetto pratico di non minore peso, ovvero l'opportunità di assicurarsi un vasto territorio acquistabile ad un prezzo non troppo elevato. 
Fino all'arrivo della corte Borbonica, Caserta era stata feudo della famiglia Acquaviva, i cui membri furono elevati al rango di principi nel 1579, sotto il regno di Filippo II. Personaggio di spicco della casata fu Andrea Matteo d'Acquaviva (1594-1634), succeduto al padre Giulio Antonio nel 1594. Uomo d'arme, legato alla corte spagnola ma con salde relazioni presso alcune corti Europee, Andrea Matteo contribuì a trasformare il suo feudo casertano, fino ad allora area a prevalente attività agricola, in una piccola corte vivace e raffinata. 
Il palazzo degli Acquaviva sorgeva nell'area compresa in quello che è attualmente denominato "Bosco Vecchio". Nell'intento di realizzare una dimora che potesse risultare all'altezza della sua posizione sociale, Andrea Matteo ingaggiò l'architetto Giovanni Antonio Dosio (1533-1611), affermato professionista già molto attivo nella città di Napoli. 
Al Dosio venne affidato non solo il compito di ampliare e riadattare il già esistente Palazzo Acquaviva, ma inoltre, di curare la realizzazione di edifici ex novo. Sotto la commissione dell'Acquaviva, l'architetto ebbe modo di costruire il Palazzo di San Leucio, il Palazzo al Boschetto e la cosiddetta Pernesta. 




Quest'ultimo edificio, nelle intenzioni del committente, avrebbe dovuto rappresentare un galante omaggio alla sua seconda moglie, Francesca Pernestein - figlia del Gran Cancelliere di Boemia Vratislav von Pernestein (1530-1582)-  sposata nel 1609 per procura. L'opera, che il principe fece realizzare in onore della consorte, pare tragga inspirazione dal Casino Pernestano a Castiglion delle Stiviere, fatto erigere da Francesco Gonzaga per la moglie Bibiana Pernestein, sorella di Francesca. 
Qualche anno dopo la celebrazione delle nozze venne finalmente inaugurata la torre Pernesta. L'edificio si presentava a pianta ottagonale, articolato su tre livelli, circondato dalle acque ed immerso in un fitto boschetto: fra alberi di agrumi, statue dal significato alchemico e fontane, la torre ottagonale, circondata da un fossato e posta, originariamente, al centro di una convergenza di viali alberati, doveva apparire come un piccolo ritrovo dove era possibile estraniarsi dal mondo circostante.




Alla morte di Andrea Matteo Acquaviva il feudo del principe passò in eredità all' unica erede legittima, sua figlia Anna, sposa di Francesco Caetani, rampollo dei duchi di Sermoneta. Se il matrimonio apparve prestigioso dal punto di vista nobiliare, meno fortunata fu la situazione economica dei due coniugi che negli anni affrontarono diverse difficoltà finanziarie, frutto altresì delle precedenti gestioni del patrimonio, assottigliatosi nel tempo per far fronte anche alle molteplici commissioni artistiche sostenute dal principe Andrea Matteo. In questo clima  maturerà, anni dopo, la vendita dei possedimenti casertani degli Acquaviva-Caetani, che nel 1750, grazie alla mediazione del marchese di San Nicandro verranno acquistati ad un prezzo vantaggioso dal sovrano. 




Ansioso di dar forma al progetto di una maestosa reggia a Caserta, Carlo di Borbone chiamò da Roma Luigi Vanvitelli, che il 28 ottobre 1751 lasciava la Città Eterna alla volta del Regno di Napoli. Il Vanvitelli si assumeva la responsabilità di dar forma alle aspettative del sovrano, avviando un progetto grandioso, in grado di trasmettere ai contemporanei (ed ai posteri) l'articolato programma di un sovrano.




A Caserta, si avviava un cantiere di enormi proporzioni per la realizzazione di una Reggia immersa in un parco: ciononostante, nel progetto convogliarono anche il riadattamento di alcune proprietà precedentemente appartenute agli Acquaviva, come fu appunto il caso della Torre Pernesta. Nel 1768 vennero avviati gli interventi di riassetto dell'area del Bosco Vecchio che previdero non solo la trasformazione della flora e degli arredi scultorei ma inclusero principalmente interventi sulla struttura della torre e l'ampliamento della precedente peschiera poco distante. Nel 1769 iniziarono i lavori di restauro della Pernesta, guidati dall'architetto Francesco Collecini, stretto collaboratore del Vanvitelli. Il recupero di quest'edificio era finalizzato alla creazione di un'area di svago per  il giovane Ferdinando IV, che in questo spazio doveva trovare il suo divertimento nella simulazione di azioni di battaglia. Il muro di cinta, le piccole torrette, il fossato circostante dovevano ricreare, in dimensioni ridotte ed in maniera immaginosa, un piccolo maniero posto su un isolotto, dove svolgere attività ludiche. Collecini mantenne la pianta ottagonale ereditata dal precedente edificio e la preesistente scala a chiocciola che collegava i diversi piani. L'atrio ad arcate riprende una corrispondenza ritmica con le finestre dell'ambiente del primo piano che a sua volta è sormontato da una torretta, a pianta circolare, posta all'ultimo livello. La torre era circondata inoltre da un fossato e vi si poteva accedere solo attraversando un ponte levatoio. 



Con l'aprirsi dell' Età della Restaurazione, a chiusura della fase del regno di Gioacchino Murat ed il ritorno dei Borbone nel Regno, la Castelluccia del giovane Ferdinando IV subì nuove trasformazioni, perdendo l'aspetto di piccola fortezza a favore di uno stile e di una finalità più confacenti ai gusti del nuovo secolo. Nel 1818 l'architetto Antonio De Simone veniva incaricato del nuovo restyling, che sebbene non investisse le componenti strutturali dell'edificio, contribuiva a modificarne l'aspetto nelle decorazioni e nelle rifiniture nonché all'inserimento di piccole componenti aggiuntive. Mutava così la decorazione interna dell'edificio a cui si accompagnava l'introduzione di alcuni elementi ornamentali posti all'esterno, come il piccolo ombrello in latta, dal sapore orientaleggiante,  su uno degli angoli del muro di cinta, trasformato così in punto di sosta per il re e la sua corte. Con il passare del tempo questo luogo perse d'attrattiva, cadendo in uno stato di quasi abbandono per le varie vicende storiche ed amministrative che investirono l'area casertana e gli edifici della Reggia. 
Negli ultimi anni, l'attenzione alla gestione e al recupero di tali edifici ne sta permettendo un graduale rilancio e, si spera, una totale fruibilità degli stessi da parte della collettività.




Sebbene gli ambienti interni della torre della Castelluccia non siano ancora visitabili, questo luogo merita comunque l'attenzione del visitatore, che dopo aver percorso i viali, scoprendone le statue che compaiono fra la vegetazione lungo il cammino, giunge finalmente in questo sito potendone assaporare la storia.







BIBLIOGRAFIA

Barletti E. (a cura di)- Giovan Antonio Dosio da San Gimignano architetto e scultor fiorentino tra Roma, Firenze e Napoli- Firenze, 2011.
Bagordo G.M.- Le architetture per l'acqua nel parco di Caserta- Roma, 2009.
Capano F.- Caserta. La città dei Borbone oltre la reggia (1750-1860)- Napoli, 2011.
De Seta C.- Luigi Vanvitelli- Napoli, 1998.
Iacono M.R.- I giardini della Castelluccia , dagli Acquaviva ai Borbone (1635-1823) in "Siti reali e territorio, Quaderni della Soprintendenza BAPSAE di Caserta e Benevento, n. 0 (Febbraio 2012), pp. 59-71.
Noto M.A.- Dal Principe al Re. Lo "stato" di Caserta da feudo a Villa Reale (secc. XVI-XVIII)- Roma, 2012.