domenica 31 gennaio 2016

Il segreto di Ventaroli...


Ventaroli è un piccolo paese sito nell'area dell'agro casertano, nei pressi del tracciato viario dell'Appia. All'apparenza potrebbe sembrare un piccolo abitato come tanti, poche case e residenti incuriositi dall'arrivo di volti nuovi.
Questo luogo ha però qualcosa che lo rende degno di una visita...
Abbandonata la strada principale che attraversa il paese e percorrendo per circa trecento metri un tratto di campagna, si raggiunge una piccola spianata su cui sorge la Basilica, o Episcopio, titolata a Santa Maria in Foro Claudio.




Solitamente chiusa, è possibile visitare gli interni contattando il custode che accompagna  il visitatore durante il sopralluogo. 
Una volta varcata la soglia e discesi i pochi gradini d'ingresso della chiesa a tre navate, ci si ritroverà in un luogo la cui storia affonda le radici già in epoca paleocristiana (IV-V sec. d.C.), un sito le cui vicende  hanno contribuito a renderlo peculiare, lasciando particolari ancora avvolti nell'ignoto. 
La struttura oggi visitabile  sarebbe frutto di interventi risalenti all'XI sec., ma i cicli pittorici superstiti che ne decorano l'interno hanno datazioni eterogenee, testimonianza dell'importanza che il luogo rivestì per un lungo periodo in età medievale: fino al 1087 Foroclaudio aveva il ruolo di sede episcopale, ceduto poi alla vicina Carinola per volere del vescovo Bernardo. 



La decorazione dell'abside centrale è quella che per prima cattura l'attenzione: qui su un fondo blu cobalto campeggia la Madonna in trono col Bambino omaggiata da due angeli. 



Nel registro mediano, s.Michele Arcangelo compare al centro fra i dodici apostoli, mentre la fascia inferiore, estremamente originale, è decorata con un finto velario, ad imitazione di un ricco tessuto decoratoda fiori e foglie stilizzate che separano clipei decorati con elefanti.



Sono molti gli storici (Wettstein, Bologna, Pace, per citarne solo alcuni) che nel corso degli anni si sono dedicati allo studio di questi particolari, indagandone i possibili rapporti stilistici  e cercando di tracciarne l'origine e le derivazioni. 
Aggirandosi tra le navate sarà possibile cogliere altre tracce lasciate da maestranze diverse da quelle che operarono nell'abside centrale nel corso degli anni: così fra santi austeri e tracce di un giudizio universale, ci si imbatte in una piccola curiosità. Sulla parete della navatella destra, incorniciati in sette piccoli riquadri sono rappresentati i mestieri: il sarto, l'oste, il fabbro con le loro botteghe ed attrezzi realizzati in maniera stilizzata sono stati qui rappresentati e consegnati ai posteri. 









Purtroppo, molti di questi affreschi appaiono deteriorati e sebbene oggetto di studi e monitoraggi non presentano uno stato conservativo ottimale. Ciò è dannoso non solo per la tutela di un bene che si configura come un tassello importante dell'arte medievale della regione, (anche se sconosciuto ai più), ma si configura come il rischio di perdere un pezzo di memoria di questa terra...

domenica 24 gennaio 2016

La "Belle Epoque" sulle rive del Tevere

"Bisogna essere capaci di convivere con se stessi" diceva Henri de Toulouse-Lautrec ed il modo deve averlo trovato attraverso la sua arte e la declinazione dell'universo della Belle Epoque fatto di personaggi ed eccessi che animano le sue opere.
Il Moulin Rouge, la Galette, le ammiccanti ballerine, gl'ispirati artisti, gli avventori annebbiati dall'alcol e dall'assenzio, le strade, gli interni e gli individui di una frenetica Parigi di fine '800, tutto questo è racchiuso nelle sue litografie che dal Museo di Belle Arti di Budapest sono attualmente esposte nelle sale del Museo dell'Ara Pacis di Roma. Un'esposizione fatta di quasi 170 opere, grazie alle quali è possibile seguire uno spaccato della vita dell'artista attraverso il suo punto d'osservazione.





Fra le opere più note, quali possono essere l'affiche realizzata per Aristide Bruant, quella per la vedette Jane Avril, la Passeggera della 54 - memoria di un viaggio effettuato nel 1895- il ritratto di Mademoiselle Cha-U-Kao, sono presenti anche piccoli lavori, forse meno noti, ma che offrono la possibilità di soffermarsi sulla capacità analitica di Toulouse-Lautrec. 


Particolare Il coccodrillo, menu, 1896

L'artista indaga il soggetto e lo fa attraverso tratti che sembrano rapidi, a volte accennati, ma che offrono all'osservatore la capacità di penetrare nell'intimo del soggetto, ripreso al di là delle "maschere di scena" imposte dalle convenzioni: il suo esasperare la mimica dei personaggi, rendendoli quasi caricaturali contribuisce a delinearne i pensieri e più inconfessati desideri.
Le ballerine volteggiano come nuvole sulle tavole del palcoscenico, diventano ammalianti Salomè fra i bramosi avventori per poi tornare ad essere donne qualunque fra le pareti di una camera o fra gli scaffali di un negozio per cappelli. 


La modista, Renèe Vert, 1893

Il suo occhio coglie varietà umane eterogenee che arricchiscono la sua produzione, e se può cogliere lo squallore in Un retro bottega di Cracovia o la fretta del pilota ne L'automobilista così riesce a rendere la meticolosità del suo amico Adolphe Albert nel Buon Incisore.


Il buon incisore, Adolphe Albert, 1898

Visitare quest'esposizione è stato sicuramente interessante, offre modo di comprendere che  l'artista non dava nulla per scontato e qualsiasi realtà poteva essere degna di essere riprodotta senza cadere in facili e scontate condanne dei personaggi presentati, ma piuttosto trasformando la propria arte in veicolo di mille e più storie...

sabato 16 gennaio 2016

Monterano. L'eco del passato



Esistono luoghi persi nella memoria, sospesi nel tempo, luoghi che sembrano il fermoimmagine  di una vecchia pellicola cinematografica, circondati di un fascino fatto di storia, di echi del passato...
Monterano è uno di quelli.
Una storia che affonda le radici nel medioevo ed ancora più indietro, Monterano, per secoli legato a Roma e alla storia delle sue illustri famiglie, andò spopolandosi intorno al XVII secolo, per poi subire un totale abbandono a seguito delle devastazioni operate dalle truppe francesi nel 1799.
Posto nel territorio di Canale Monterano, a pochi chilometri da Roma, l'antico feudo è raggiungibile percorrendo tracciati campestri e ricorrendo alle indicazioni degli abitanti del luogo, senza il cui aiuto si vagherebbe fra campi e pascoli. 
Giunti all'ingresso della Riserva Naturale di Monterano, inizia la visita al sito che offre testimonianza dell'antico abitato custodito da boschi, solfatare, cullato dallo scorrere delle acque del fiume Mignone.


                                          


Il percorso si snoda attraverso gli edifici storici del feudo, medioevo e barocco convivono fondendosi ed offrendo una realtà che vede protagonisti i resti della cattedrale di S. Maria Assunta e la chiesa di S. Rocco, uno degli ultimi edifici ad essere abbandonati.




Il Palazzo Ducale, posto sulla sommità dell'altura e che incorpora i resti dell'antica torre medievale, presenta una facciata commissionata dalla nobile famiglia romana degli Altieri a Gian Lorenzo Bernini. L'artista non progettò solo la scenografica roccia basamentale ed il gioco di arcate dell'edificio, ma l'arricchì con una fontana, le cui acque sgorgavano dalla zampata di un maestoso leone. L'antico marmo è ora conservato al palazzo comunale di Canale Monterano sostituito da una copia.


 


Lo spettacolo più suggestivo di questo luogo è dato dalla chiesa di S. Bonaventura, con i ruderi del suo convento. Affacciata su di uno spiazzo e circondata dal panorama fatto di monti e valli, 
S. Bonaventura conserva purtroppo ben poco di quello che doveva essere il suo apparato decorativo. 
La sua edificazione fu eseguita da Mattia De' Rossi su progetto del Bernini, ma come appariva nel '600 può essere solo immaginato: il tempo e le devastazioni hanno lasciato un edificio privo di copertura, dove architettura e natura convivono in una simbiosi che da vita ad ambienti carichi di fascino, capaci di giustificare l'interesse che molti registi hanno dimostrato per questo sito.



Catturati dal fascino delle sue vicende, la scoperta di Monterano prosegue seguendo i sentieri che discendono fino alla solfatara, dove si presenta uno spettacolo totalmente diverso ma non meno coinvolgente, riappropriandosi del tempo che qui scorre lento seguendo i cicli della natura e lo spettacolo che essa offre...

   




         


mercoledì 6 gennaio 2016

Montesarchio: un castello fra le nuvole

Viaggiando sull'Appia in direzione Benevento, attraversando la valle Caudina, ad un tratto l'attenzione del viaggiatore viene catturata dal castello di Montesarchio.




Seguendo il percorso di stradine serpeggianti fra le case del paese, in pochi minuti d'auto,  si raggiunge la sommità, dove, su di uno spiazzo panoramico, si affacciano il castello e la scenografica torre, risalente al XII sec. 




L'edificazione del castello, sede dal 1994 del Museo Archeologico del Sannio Caudino, rientrerebbe nel piano di fortificazioni difensive promosso dai principi longobardi di Benevento, tra il VII e l' VIII sec. Occupato e poi distrutto dai Normanni di Ruggero II, ristrutturato per volere di Federico II di Svevia, teatro della sconfitta angioina per opera di Alfonso d'Aragona e riedificato secondo caratteristiche edilizie, tutt'oggi osservabili, sotto il dominio aragonese, il sito di Montesarchio ha una storia costellata di episodi e personaggi degni di nota.   
I principi d'Avalos l'ottennero in feudo conservandolo fino al 1806, anno in cui rientrò nei possessi del demanio regio. 
La sua storia però non era destinata ancora ad esaurirsi. Nel 1830 veniva trasformato in carcere regio dall'amministrazione borbonica, destinazione che avrebbe mantenuto fino al secondo conflitto mondiale.
Oggi il castello ospita i reperti delle campagne di scavo condotte nell'area dell'antica Caudium: sepolture accompagnate da arredi funerari risalenti al VII-VI sec. a.C, ceramiche di tipo Askos, dal forte connotato simbolico, ceramica precristiana locale e d'importazione compongono l'allestimento fisso ospitato nelle sale.






Nel settembre 2013 ha preso il via, nelle vecchie celle del carcere, la mostra "Rosso Immaginario. Il racconto dei vasi di Caudium". Grazie all'utilizzo di tecnologie multimediali, il museo offre al pubblico la possibilità di ammirare e comprendere i "crateri di Caudium", la loro storia ed i racconti raffigurati. Gli dei dell'Olimpo, gli eroi mitologici diventano protagonisti di un percorso suggestivo fatto di mito, arte e storia.





La mostra avrebbe dovuto concludersi nel settembre del 2014, ma il favore del pubblico e l'interesse dimostrato dagli enti locali hanno permesso all'allestimento di permanere tutt'ora.