domenica 17 aprile 2016

Il monastero ritrovato. San Magno a Fondi








   "Dal momento che egli cresceva con molte virtù, gli fu donata la libertà dal suo signore, e nel luogo chiamato Fondi egli costruì un monastero e divenne padre di duecento monaci."

Gregorio Magno          
 
 
Ai piedi del monte Arcano, lì dove sgorgano le acque del fiume Licola, in uno dei luoghi più ricchi di storia all'interno del Parco Naturale dei Monti Aurunci, sorge l'ex monastero di San Magno.
In questo luogo, dove regna la tranquillità ed il silenzio, si riscopre la storia del martire Magno, vissuto tra il II ed il III secolo d.C., vescovo di Trani. Raggiunti questi luoghi nella sua azione di evangelizzazione, San Magno subì qui il martirio nel 252, durante il periodo di repressione cristiana promosso dall'imperatore Messio Quinto Traiano Decio. Violenta fu la persecuzione in questa terra, il cui numero elevato di uccisioni - le fonti parlano di 2597 cristiani trucidati- contribuì ad indicare questa zona come Valle dei Martiri.
Papa Gregorio Magno ricorda nei suoi "Dialoghi" la fondazione del primo cenobio avvenuta in quest'area intorno al 542, ad opera di Onorato, figlio di un colono del patrizio Venanzio, che vi realizzò una chiesa dove si serbasse memoria del santo martire a cui si riconoscevano miracoli ed atti prodigiosi.
 
Nel corso dei secoli, l'importanza del sito di osservanza benedettina, andò ampliandosi: privilegi papali, diplomi imperiali, atti di donazione appaiono solo come alcune delle testimonianze del rilievo assunto dal monastero nel panorama del basso Lazio, peso che portò, nel 986, Mansone, abate di San Magno alla guida dell'abbazia di Montecassino.
Nel 1071, il console di Fondi, Gerardo ne sancì il passaggio di tutela all'abbazia cassinese, stabilendo così la sua perdita d'autonomia ed aggiungendolo ai possedimenti della casa madre ricordati sulle porte bronzee di Montecassino.
Sul finire del XV sec. il monastero passò all'ordine degli olivetani suscitando l'interesse di Prospero Colonna, conte di Fondi che intorno al 1500 avviò il rifacimento del luogo secondo canoni stilistici rinascimentali, portando a compimento la fabbrica della chiesa superiore, dedicata in origine a San Magno.
 
 
Chiesa superiore. Monastero di San Magno
 
A partire dal XVII secolo per il monastero s'aprì un periodo di decadenza, culminato nella soppressione degli ordini monastici, sancita nel 1807 da Giuseppe Bonaparte.
Nel 1999, la Regione Lazio di concerto con l'Ente Regionale dei Monti Aurunci e l'Arcidiocesi di Gaeta hanno dato il via ad un'azione d'indagine archeologica e recupero del sito.
Tra il 2006 ed il 2009 varie campagne di scavo hanno contribuito a mettere in luce aspetti della storia di questo luogo attraverso reperti e scoperte che dall'epoca romana ne attestano la continua frequentazione fino al medioevo: sostruzioni edilizie e ceramiche romane, iscrizioni marmoree e sepolcreti di epoca paleocristiana sono solo alcuni dei ritrovamenti effettuati in loco.
 
La scoperta più interessante è costituita, però, dal rinvenimento di un vano absidale  e di uno dei transetti laterali inerenti la vecchia chiesa medievale. Probabilmente murati in occasione dei rifacimenti patrocinati da Prospero Colonna, i due ambienti ospitano due cicli pittorici che gli studiosi datano tra la fine dell' XI ed il XII secolo.
 
 
Abside della chiesa medievale
 
 
Della decorazione absidale si conserva solo parte del registro inferiore con clipei di giovani santi e vescovi sotto cui l'artista realizzò un finto velario. Nella sezione sottostante compaiono inoltre i resti di una precedente decorazione di cui s'intuiscono le zampe di animali feroci che sembrano impegnati in una lotta.
 
Decorazione absidale con santi
 

Tracce della precedente decorazione absidale
 
 
La vita di San benedetto è  il tema della decorazione del braccio superstite del transetto.
Se del registro superiore si conservano purtroppo scene frammentarie, rese mutili probabilmente in occasione della realizzazione della chiesa superiore, sui registri ad esso inferiori è possibile osservare alcune scene in discreto stato conservativo.
 
 
Resti degli affreschi del registro superiore del transetto
 
 
Osservando da sinistra a destra si avrà modo di notare l'episodio in cui San Benedetto, seduto su uno scranno gemmato, benedice il calice avvelenato offertogli dai monaci di Vicovaro sullo sfondo di una loggia ad arcate. Spostandosi sulla parete settentrionale, si conserva la scena in cui Mauro e Placido, figli di Tertulliano e Fozio, vengono presentati al santo. Sulla parete est, anche qui incorniciati da una loggia, avviene l'incontro tra san Benedetto e Santa Scolastica, scena affiancata dal riquadro in cui è descritta la morte del santo di Norcia.
Clipei con immagini di venerandi santi monaci ed un velario nel registro inferiore completano la decorazione pittorica di quest'ambiente.
 

Tertulliano e Fozio presentano i propri figli a San Benedetto
San Benedetto benedice il calice avvelenato
 
Incontro tra San Benedetto e Santa Scolastica e morte di San Benedetto

La visita al monastero di San Magno rappresenta non solo l'occasione di apprezzare un sito dalla storia millenaria e per giunta poco frequentato, la sua relativa distanza dal centro storico cittadino e la localizzazione in un'area decentrata rendono questo luogo una meta per coloro che cercano una pausa dalle tensioni quotidiane nel tentativo di rigenerare il proprio equilibrio interiore e spirituale.
 
 
Bibliografia
AA.VV.- Fondi e il suo territorio. Studi. Istituto Geografico De Agostini, 1991.
AA.VV.- Riapertura della abbazia di San Magno, Fondi, 23 luglio 2007- HornetMultimedia, 2007.
Cassieri N., Fiocchi Nicolai V. (a cura di)- Il Monastero di San Magno- Edizioni TORED, 2013.
Simonetti M. (a cura di) - Gregorio Magno-Storia di santi e diavoli. Dialoghi.- ( a cura di M.)- Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori Editore, 2005.
Sotis G.- Cenno istorico della città di Fondi- 1838.
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 


giovedì 7 aprile 2016

La casina Vanvitelliana: la perla del Fusaro

  


 
 
    "Perciò insistetti a farmi portare su quella stessa attraente spiaggia, che s'incurva tra Cuma e la villa di Servilio Vatia ed è chiusa come uno stretto sentiero dal mare da una parte, dal lago dall'altra." 
                                                                                                   Lucio Anneo Seneca
 
 
   Nell'area del Parco Regionale dei Campi Flegrei, stretto fra i territori di Cuma e Torregaveta, affiora uno dei quattro specchi lacustri dell'area flegrea: il lago Fusaro, nel comune di Bacoli.
Noto in antichità come Acherusia Palus, il bacino, che mitiche leggende tramandano si sarebbe formato dalle acque dell'infernale Acheronte, è separato dal mare da una stretta lingua di terra, la quale gli fa da sponda, sul versante marino, con le sue canne piegate dai venti salmastri.
Luogo adibito alla pesca fin dai tempi degli stanziamenti delle prime comunità greche in area flegrea, nel corso dell' XVIII sec., il lago Fusaro iniziò ad essere oggetto di riqualificazione da parte dei sovrani borbonici.
L'interesse che Ferdinando IV dimostrò per questo sito s'inseriva in un progetto di rivalutazione delle bellezze del Regno di Napoli e delle sue mitiche radici, di cui il territorio flegreo era immaginifico scenario. Il lago Fusaro, oltre a richiamare alla memoria i leggendari tentativi di seduzione rivolti alla Sibilla dal dio Apollo, presentava l'innegabile vantaggio di rappresentare una florida riserva di caccia e pesca, attività per le quali il monarca aveva sempre dimostrato particolare inclinazione.
Nel 1782 il sovrano acquistò il lago e l'area ad esso circostante, fino allora proprietà della Santa Casa dell'Annunziata di Napoli, allo scopo di destinarlo a sua personale riserva di caccia, nonché luogo di delizie. Qui, nel mese di novembre, il re praticava la caccia alle folaghe, allestendo sul lago  delle piccole imbarcazioni, dette "sandoline",  a formare dei cordoni sulla superfice ed obbligando così gli uccelli a librarsi in volo rendendoli facili bersagli per i cacciatori. Il progetto non presentava risvolti esclusivamente ricreativi, ma vi si configurava anche un fine utilitaristico con l'avvio, sfruttando le acque salmastre del lago, di un allevamento di ostriche, giunte da Taranto.


J.P.Hackert- Ferdinando IV a caccia di Folaghe sul lago Fusaro- Museo di Capodimonte, Napoli
 
 
L'architetto Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi, veniva chiamato a curare sia il recupero ambientale del parco circostante sia ad ideare una casina di caccia degna del committente e che sarebbe stata costruita nell'arco di quattro mesi.
Il progetto prevedeva lo sfruttamento di un sabbioso isolotto appena affiorante dalle acque, posto a poca distanza dalla riva e su cui edificare la struttura: l'estro creativo ed il bagaglio tecnico dell'ideatore avrebbero coniugato esigenze costruttive contingenti alla consapevolezza degli sviluppi in campo architettonico avviati in Europa ed espressi in opere quali il casino Althan di Fisher von Erlach ed il casino di Stupinigi di Filippo Juvarra.
Il caratteristico edificio, a cui in origine si giungeva esclusivamente a bordo di una barca, ha pianta dodecagonale e si articola in un pianterreno ed un piano nobile, ritmati da ariose finestre.


Sala del pianterreno con cupola ad ombrello



Sala del Piano Nobile
 
Di quello che doveva essere il suo apparato decorativo si conserva ben poco: i moti della Repubblica Partenopea del 1799 contribuirono alla perdita delle quattro considerevoli tele, le "Quattro stagioni", che il sovrano commissionò nel 1783 al pittore tedesco Jakob Philipp Hackert  e che adornavano le pareti della sala al primo piano.
Della decorazione originale, oltre al pregevole camino posto nella sala al pianterreno, si custodiscono tracce degli affreschi dei due piccoli retret del piano nobile, dove fra racemi d'edera ed esemplari della fauna locale, resi con raffinata maestria, ritorna il tema mitico nella rappresentazione del dio Nettuno alla guida di una biga trainata da cavalli marini.



Camino
 
 
Particolari degli affreschi della volta di uno dei camerini

 
Ulteriori dettagli degni di nota sono ravvisabili negli stucchi in forma di conchiglia e granchi posti a decoro degli architrave delle finestre e dei balconi, richiami agli elementi tipici del luogo.


 
 
Isola di svago per una delle dinastie regnanti più importanti dello scacchiere europeo, la Real Casina offrì ospitalità ad eminenti personalità del tempo: l'imperatore Giuseppe II d'Asburgo, cognato del re Ferdinando IV, lo zar di Russia Nicola I, l'imperatore d'Austria Francesco I, Wolfgang Amadeus Mozart e Gioaccino Rossini sono solo alcuni degl'illustri ospiti che vi soggiornarono, godendo dell'amenità del luogo.
Con il ritorno dei sovrani nei primi mesi dell' 1800 si tentò il recupero del sito, i cui lavori vennero affidati all'architetto Giovanni Marcelli e che videro ulteriori commissioni per la realizzazione di tele ai pittori Giovanni Capovecchio e Ferdinando Partini.
A partire dalla fine dell' '800 il sito visse alterne vicende che lo portarono anche ad ospitare un elegante ristorante.

Oggi la Real Casina, dopo essere stata chiusa al pubblico per lunghi periodi, è raggiungibile servendosi di un ponticello ligneo costruito nel 1923 ed è visitabile nei fine settimana, guidati dai volontari della Protezione Civile Falco di Bacoli.
Si restituisce così la possibilità di godere di uno dei luoghi più suggestivi dell'area flegrea.


Stemma dei Borbone di Napoli posto sulla facciata
 
 
 
Bibliografia
Cirillo O. - Carlo Vanvitelli. Architettura e città nella seconda metà del Settecento- Alinea Editrice, 2008.
Della Ratta F. - L'Annunziata- Guida Editori, 2010.
Gravagnuolo B. (a cura di) - Carlo Vanvitelli. Saggio storico di Arnaldo Venditti- Guida Editori, 2008.
Quilici L., Quilici Giglio S. (a cura di)- La forma della città e del territorio- L'Erma di Bretschneider, 2006.
Lucio Anneo Seneca- Lettere a Lucilio- Garzanti, 2008.