"Perciò insistetti a farmi portare su quella stessa attraente spiaggia, che s'incurva tra Cuma e la villa di Servilio Vatia ed è chiusa come uno stretto sentiero dal mare da una parte, dal lago dall'altra."
Lucio Anneo Seneca
Nell'area del Parco Regionale dei Campi Flegrei, stretto fra i territori di Cuma e Torregaveta, affiora uno dei quattro specchi lacustri dell'area flegrea: il lago Fusaro, nel comune di Bacoli.
Noto in antichità come Acherusia Palus, il bacino, che mitiche leggende tramandano si sarebbe formato dalle acque dell'infernale Acheronte, è separato dal mare da una stretta lingua di terra, la quale gli fa da sponda, sul versante marino, con le sue canne piegate dai venti salmastri.
Luogo adibito alla pesca fin dai tempi degli stanziamenti delle prime comunità greche in area flegrea, nel corso dell' XVIII sec., il lago Fusaro iniziò ad essere oggetto di riqualificazione da parte dei sovrani borbonici.
L'interesse che Ferdinando IV dimostrò per questo sito s'inseriva in un progetto di rivalutazione delle bellezze del Regno di Napoli e delle sue mitiche radici, di cui il territorio flegreo era immaginifico scenario. Il lago Fusaro, oltre a richiamare alla memoria i leggendari tentativi di seduzione rivolti alla Sibilla dal dio Apollo, presentava l'innegabile vantaggio di rappresentare una florida riserva di caccia e pesca, attività per le quali il monarca aveva sempre dimostrato particolare inclinazione.
Nel 1782 il sovrano acquistò il lago e l'area ad esso circostante, fino allora proprietà della Santa Casa dell'Annunziata di Napoli, allo scopo di destinarlo a sua personale riserva di caccia, nonché luogo di delizie. Qui, nel mese di novembre, il re praticava la caccia alle folaghe, allestendo sul lago delle piccole imbarcazioni, dette "sandoline", a formare dei cordoni sulla superfice ed obbligando così gli uccelli a librarsi in volo rendendoli facili bersagli per i cacciatori. Il progetto non presentava risvolti esclusivamente ricreativi, ma vi si configurava anche un fine utilitaristico con l'avvio, sfruttando le acque salmastre del lago, di un allevamento di ostriche, giunte da Taranto.
J.P.Hackert- Ferdinando IV a caccia di Folaghe sul lago Fusaro- Museo di Capodimonte, Napoli |
L'architetto Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi, veniva chiamato a curare sia il recupero ambientale del parco circostante sia ad ideare una casina di caccia degna del committente e che sarebbe stata costruita nell'arco di quattro mesi.
Il progetto prevedeva lo sfruttamento di un sabbioso isolotto appena affiorante dalle acque, posto a poca distanza dalla riva e su cui edificare la struttura: l'estro creativo ed il bagaglio tecnico dell'ideatore avrebbero coniugato esigenze costruttive contingenti alla consapevolezza degli sviluppi in campo architettonico avviati in Europa ed espressi in opere quali il casino Althan di Fisher von Erlach ed il casino di Stupinigi di Filippo Juvarra.
Il caratteristico edificio, a cui in origine si giungeva esclusivamente a bordo di una barca, ha pianta dodecagonale e si articola in un pianterreno ed un piano nobile, ritmati da ariose finestre.
Sala del pianterreno con cupola ad ombrello |
Sala del Piano Nobile |
Di quello che doveva essere il suo apparato decorativo si conserva ben poco: i moti della Repubblica Partenopea del 1799 contribuirono alla perdita delle quattro considerevoli tele, le "Quattro stagioni", che il sovrano commissionò nel 1783 al pittore tedesco Jakob Philipp Hackert e che adornavano le pareti della sala al primo piano.
Della decorazione originale, oltre al pregevole camino posto nella sala al pianterreno, si custodiscono tracce degli affreschi dei due piccoli retret del piano nobile, dove fra racemi d'edera ed esemplari della fauna locale, resi con raffinata maestria, ritorna il tema mitico nella rappresentazione del dio Nettuno alla guida di una biga trainata da cavalli marini.
Camino |
Particolari degli affreschi della volta di uno dei camerini |
Ulteriori dettagli degni di nota sono ravvisabili negli stucchi in forma di conchiglia e granchi posti a decoro degli architrave delle finestre e dei balconi, richiami agli elementi tipici del luogo.
Isola di svago per una delle dinastie regnanti più importanti dello scacchiere europeo, la Real Casina offrì ospitalità ad eminenti personalità del tempo: l'imperatore Giuseppe II d'Asburgo, cognato del re Ferdinando IV, lo zar di Russia Nicola I, l'imperatore d'Austria Francesco I, Wolfgang Amadeus Mozart e Gioaccino Rossini sono solo alcuni degl'illustri ospiti che vi soggiornarono, godendo dell'amenità del luogo.
Con il ritorno dei sovrani nei primi mesi dell' 1800 si tentò il recupero del sito, i cui lavori vennero affidati all'architetto Giovanni Marcelli e che videro ulteriori commissioni per la realizzazione di tele ai pittori Giovanni Capovecchio e Ferdinando Partini.
A partire dalla fine dell' '800 il sito visse alterne vicende che lo portarono anche ad ospitare un elegante ristorante.
Oggi la Real Casina, dopo essere stata chiusa al pubblico per lunghi periodi, è raggiungibile servendosi di un ponticello ligneo costruito nel 1923 ed è visitabile nei fine settimana, guidati dai volontari della Protezione Civile Falco di Bacoli.
Si restituisce così la possibilità di godere di uno dei luoghi più suggestivi dell'area flegrea.
Stemma dei Borbone di Napoli posto sulla facciata |
Bibliografia
Cirillo O. - Carlo Vanvitelli. Architettura e città nella seconda metà del Settecento- Alinea Editrice, 2008.
Della Ratta F. - L'Annunziata- Guida Editori, 2010.
Gravagnuolo B. (a cura di) - Carlo Vanvitelli. Saggio storico di Arnaldo Venditti- Guida Editori, 2008.
Quilici L., Quilici Giglio S. (a cura di)- La forma della città e del territorio- L'Erma di Bretschneider, 2006.
Lucio Anneo Seneca- Lettere a Lucilio- Garzanti, 2008.
Lucio Anneo Seneca- Lettere a Lucilio- Garzanti, 2008.
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