"Sanctea Dei Genetricis senperque Birgo Maria qui appellatur antiqua"
(inscrizione dedicatoria nella cappella di Teodoto)
I Fori costituiscono uno dei monumenti romani indubbiamente più conosciuti al mondo. Stretti fra l'Anfiteatro Flavio ed il Vittoriano, rappresentano quasi una tappa obbligata per milioni di turisti frettolosi e distratti che ogni anno visitano l'Urbe, desiderosi di passeggiare lungo la Via Sacra, affacciarsi dal Palatino o scattare qualche foto fra i resti della casa delle Vestali, tracce della magnificenza dell'impero Romano.
L'area dei Fori però non rappresenta solo l'espressione dei grandi fasti imperiali, ne tanto meno cessò di essere frequentata del tutto alla caduta dei cesari o al dilagare delle invasioni barbariche, tra fasi altalenanti, ha continuato a rappresentare, durante i secoli, un centro di aggregazione per i romani nonché simbolo, mai obliato, del potere.
Qui, già nell'alto medioevo, gli antichi templi pagani, le strutture dei superstiti edifici di uso civile, trovarono nuova utilità nel programma di cristianizzazione dell'area che dal VI sec. d.C. si protrasse fino all' XI: la Curia Senatus fu trasformata nella chiesa di Sant' Adriano, SS. Cosma e Damiano sorsero nel perimetro del Templum Pacis, Santa Maria in Cannapara (o in Foro) trovò locazione all'interno della basilica Giulia, per citare solo alcuni casi.
Qui, già nell'alto medioevo, gli antichi templi pagani, le strutture dei superstiti edifici di uso civile, trovarono nuova utilità nel programma di cristianizzazione dell'area che dal VI sec. d.C. si protrasse fino all' XI: la Curia Senatus fu trasformata nella chiesa di Sant' Adriano, SS. Cosma e Damiano sorsero nel perimetro del Templum Pacis, Santa Maria in Cannapara (o in Foro) trovò locazione all'interno della basilica Giulia, per citare solo alcuni casi.
Fra questi la chiesa di Santa Maria Antiqua e l' Oratorio dei XL Martiri.
Aperti al pubblico dopo un restauro durato ben quindici anni, sarà possibile visitarli, e seguire il percorso della mostra ad essi dedicati, fino all' 11 settembre 2016.
Aperti al pubblico dopo un restauro durato ben quindici anni, sarà possibile visitarli, e seguire il percorso della mostra ad essi dedicati, fino all' 11 settembre 2016.
Inserita negli ambienti che in origine componevano l'ampliamento della domus tiberiana, dovuto dall'imperatore Caligola, cui seguirono ulteriori interventi in epoca domizianea, l'area si ritrova fin dall'inizio in una posizione centrale, di collegamento tra il palazzo palatino ed il Foro.
Alcuni studiosi ritengono che qui sia da identificare la zona in cui sorgeva il tempio dedicato al divo Augusto e l'annessa biblioteca, ma di quanto realizzato da Caligola non v'è più traccia a seguito dei devastanti incendi del 64 e dell'80 d.C che distrussero l'area.
Sotto l'imperatore Domiziano si registrano nuovi interventi, tra cui l'installazione di una rampa, oggi visitabile e percorribile, che collegava il palazzo imperiale alla sede della biblioteca, poi trasformato nell'atrio della chiesa di Santa Maria Antiqua.
La trasformazione in luogo di culto cristiano avvenne probabilmente sotto il regno di Giustino II (565-578). Dal VI sec. in poi gli spazi inerenti la chiesa hanno vissuto continui interventi decorativi, riconducibili a diversi stili e momenti storici e che hanno contribuito a creare un ambiente dalla decorazione poliedrica quale quella che si offre oggi al visitatore. Le fasi decorative che si sono succedute nei secoli, sovrapponendosi e stratificandosi, hanno contribuito a creare all'interno della chiesa un apparato pittorico che accavalla stili di matrice ellenistica a momenti di alta pittura d'ispirazione bizantina.
Abbandonata a causa del terremoto dell'847 e successivamente interrata, Santa Maria Antiqua venne riscoperta, in modo fortuito, il 24 maggio del 1702 da Andrea Bianchi che preso in affitto un appezzamento di terreno in quest'area, rinvenne il presbiterio con i suoi affreschi. A causa dell'impossibilità di procedere ad uno scavo sistematico e ai conseguenti restauri, la chiesa venne però rinterrata ritornando all'oblio fino al 1900, anno in cui l'archeologo Giacomo Boni ne riscoprì i resti.
La visita ha inizio dal vasto atrio che continuò ad essere frequentato anche dopo l'847 e nel cui perimetro s'insediò una comunità di monaci che , tra il X ed XI sec. lo trasformò in quella che probabilmente fu la chiesa di San Antonio.
Sulle sue pareti sono conservate alcune tracce di resti pittorici, immagini a carattere prevalentemente votivo, riconducibili a differenti epoche, come il busto di San Abbaciro, santo medico, recante gli strumenti da chirurgo e risalente all'età di papa Paolo I (757-767).
Alcuni studiosi ritengono che qui sia da identificare la zona in cui sorgeva il tempio dedicato al divo Augusto e l'annessa biblioteca, ma di quanto realizzato da Caligola non v'è più traccia a seguito dei devastanti incendi del 64 e dell'80 d.C che distrussero l'area.
Sotto l'imperatore Domiziano si registrano nuovi interventi, tra cui l'installazione di una rampa, oggi visitabile e percorribile, che collegava il palazzo imperiale alla sede della biblioteca, poi trasformato nell'atrio della chiesa di Santa Maria Antiqua.
La trasformazione in luogo di culto cristiano avvenne probabilmente sotto il regno di Giustino II (565-578). Dal VI sec. in poi gli spazi inerenti la chiesa hanno vissuto continui interventi decorativi, riconducibili a diversi stili e momenti storici e che hanno contribuito a creare un ambiente dalla decorazione poliedrica quale quella che si offre oggi al visitatore. Le fasi decorative che si sono succedute nei secoli, sovrapponendosi e stratificandosi, hanno contribuito a creare all'interno della chiesa un apparato pittorico che accavalla stili di matrice ellenistica a momenti di alta pittura d'ispirazione bizantina.
Abbandonata a causa del terremoto dell'847 e successivamente interrata, Santa Maria Antiqua venne riscoperta, in modo fortuito, il 24 maggio del 1702 da Andrea Bianchi che preso in affitto un appezzamento di terreno in quest'area, rinvenne il presbiterio con i suoi affreschi. A causa dell'impossibilità di procedere ad uno scavo sistematico e ai conseguenti restauri, la chiesa venne però rinterrata ritornando all'oblio fino al 1900, anno in cui l'archeologo Giacomo Boni ne riscoprì i resti.
La visita ha inizio dal vasto atrio che continuò ad essere frequentato anche dopo l'847 e nel cui perimetro s'insediò una comunità di monaci che , tra il X ed XI sec. lo trasformò in quella che probabilmente fu la chiesa di San Antonio.
Sulle sue pareti sono conservate alcune tracce di resti pittorici, immagini a carattere prevalentemente votivo, riconducibili a differenti epoche, come il busto di San Abbaciro, santo medico, recante gli strumenti da chirurgo e risalente all'età di papa Paolo I (757-767).
Atrio. Nicchia con immagine di S. Abbaciro |
Varcata la soglia della chiesa ci si ritrova in un edificio a tre navate, arioso ed imponente, un contesto peculiare, ricco di apparati decorativi e di storia.
Davanti la parete palinsesto dell'abside è esposta l' Imago Antiqua, elemento centrale della mostra. Già in Santa Maria Antiqua, l'icona venne spostata nella chiesa di Santa Maria la Nova successivamente all'abbandono dell'antica sede a seguito del terremoto, per volere di papa Leone IV. Dopo 1165 anni di assenza l'immagine è esposta nella sua dimora originaria.
Interno di Santa Maria Antiqua |
Le tracce pittoriche conservate nel vano della navata centrale sono purtroppo frammentarie e solo per circoscritte sezioni è possibile leggere le storie di cui sono veicolo. Fra le scene meglio conservate spiccano il riquadro di Solomone e i Meccabei e la rappresentazione di Santa Barbara, sul registro inferiore del pilastro destro dell'arco trionfale.
Solomone e i Maccabei |
Santa Barbara |
I mosaici, provenienti dal perduto oratorio che il pontefice Giovanni VII (705-707) edificò sul lato settentrionale dell'antica basilica di San Pietro, allestiti nella navata destra, introducono il visitatore al programma decorativo che questo papa promosse all'interno di Santa Maria Antiqua.
Mosaico di Cristo all'ingresso a Gerusalemme |
Mosaico con La lavanda del Bambino |
I cantieri giovannei investirono la decorazione di tutta la chiesa.
I pittori ingaggiati dal pontefice si trovarono spesso a dover dipingere su aree già precedentemente affrescate, per rispondere al programma iconografico voluto dal papa.
Nella cappella dei santi Anargyroi, ovvero dei santi medici, Giovanni VII scelse un programma iconografico che celebrasse il valore cristiano del loro operato, concentrando in questo vano un alto numero di figure, oggi in parte perdute.
Cappella dei Santi Medici (particolare della parete ovest) |
Dalla cappella dei santi medici si accede al presbiterio, dove, si dispiegano i resti di quella che doveva essere una decorazione complessa e sviluppata su più registri. Se nella calotta absidale si conserva l'impronta di un Cristo e altre tracce, è però sulle pareti laterali che riemergono i resti di alcune scene dai tratti più nitidi che permettono di comprendere la stratificazione delle diverse decorazioni susseguitesi negli anni.
A destra dell'abside, è ancora osservabile una Theotokos, la Madonna in trono con il Bambino, risalente alla prima metà del VI sec., riccamente abbigliata e circondata da quelli che in origine dovevano essere due angeli nell'atto di recarle corone di fiori.
Osservando il riquadro ci si rende conto che sulla superficie compaiono figure estranee alla prima scena e che invece sono riconducibili a successivi interventi, come l'angelo dell'Annunciazione, in piedi, a destra, databile alla fine del VI sec. o ancora il santo con aureola, il cui volto compare alle spalle della Vergine, identificato con Gregorio Naziazieno e risalente all'intervento di Giovanni VII.
Parete palinsesto absidale |
La mostra allestita all'interno della chiesa si prefigge, per la natura stessa del sito, l'obiettivo di presentare al pubblico la realtà degli sviluppi accorsi nei secoli. Lo scopo appare pienamente raggiunto nella cappella di Teodoto.
Theodotus, alto dignitario della corte papale, commissionò una decorazione sotto il papato di Zaccaria (741-752) per quella che doveva probabilmente rivestire il ruolo di cappella funeraria della sua famiglia. Una nicchia ospita la Crocefissione, al di sotto della quale un immagine mutila della Vergine assisa in trono riceve l'omaggio del committente e dei suoi familiari, mentre sulle pareti laterali si svolgono le storie dei martiri Quirico e Giulitta.
Cappella di Teodoto. Crocefissione |
Cappella di Teodoto. Particolare con il donatore |
Con lo scopo di mostrare il vano così come doveva apparire ai tempi della sua realizzazione, grazie a videoinstallazioni ed un impianto di luci, è possibile fare un salto indietro nel tempo ed apprezzare la complessità della decorazione, che si componeva in origine di un apparato di rivestimento marmoreo policromo.
Cappella di Teodoto. Ricostruzione dell'apparato decorativo |
Usciti dalla cappella, ci si ritrova nella navata sinistra sulla cui parete Cristo, circondato da una teoria di numerosi santi, è il soggetto del registro inferiore, che si snoda quasi per tutta la lunghezza della parete, mentre il registro superiore è dedicato alle storie vetero-testamentarie di committenza giovannea, ritmate in riquadri a bande nere che incorniciano i singoli episodi.
Parete della navata sinistra. Cristo e Santi |
Parete della navata sinistra (registro superiore). Storie di Giuseppe (part.) |
L' Oratorio dei XL Martiri, a pochi passi dall'ingresso di Santa Maria Antiqua, conclude il tour fra i reperti medievali oggetto della mostra. Sulle pareti del vano rivive la storia del martirio a cui furono condannati i quaranta ufficiali della Legio XII Fulminata, vittime della persecuzione contro i cristiani promossa da Licinio Valerio nel 320. I quaranta militari rifiutarono di abiurare al proprio credo venendo così condannati alla morte per immersione in un lago gelato presso la città di Sebastia. Sull'abside viene ricostruita la scena del supplizio, dove i quaranta uomini attendono la morte, mentre sulla parete sinistra, sebbene in un stato conservativo lacunoso, i martiri vengono rappresentati con toga ed aureola, assunti al trionfo dei giusti.
Abside. Supplizio dei XL Martiri (part.) |
Parete sinistra. I XL Martiri |
Visitare quest'angolo dei Fori, percorrere questi luoghi dove s'incontrano epoche e civiltà rappresenta un'esperienza carica di suggestioni di cui gli appassionati d'arte, e non solo, non possono fare a meno, per avere la possibilità di osservare questi monumenti con una consapevolezza ed occhi diversi...
Il Foro dall' atrio di Santa Maria Antiqua |
Bibliografia
M. Andaloro- La pittura medievale a Roma 312-1431. Atlante. Percorsi visivi, I. Milano 2006.
M. Andaloro, G. Bordi, G. Morganti (a cura di) - Santa Maria Antiqua tra Roma e Bisanzio- Electa, 2016.
J.R.Brandt, J. Osborne, G. Morganti (a cura di) - Santa Maria Antiqua al Foro Romano cento anni dopo. Atti del colloquio internazionale (Roma 5-6 maggio 2000), Roma, 2004.
G. Cantino Wataghin- Ut haec aedes Christo Domino in ecclesia consecretur. Il riuso cristiano di edifici antichi tra tarda antichità a alto medioevo, in Ideologie e pratiche del reimpiego nell'alto medioevo, XLVI Settimana di Studio della Fondazione del Centro Italiano di Studi sull' Alto Medioevo (Spoleto 16-21 aprile 1998), Spoleto 1999.
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