Quando si parla di arte rinascimentale il pensiero corre immancabilmente alla vivacità artistica della Firenze medicea o alla solennità della Roma papale, alla dinamicità dei Montefeltro di Urbino ed alla raffinatezza della Ferrara estense. Ciò spesso porta a tralasciare l'importanza che tale risveglio culturale impresse alle corti di tutta la penisola italiana, dove sovente la matrice toscana andò fondendosi con le esperienze locali, dando luogo ad episodi di altissimo valore.
Il complesso monumentale di Sant'Anna dei Lombardi a Napoli rappresenta uno dei luoghi di maggior interesse artistico per la città poiché testimonia il mecenatismo aragonese ed è espressione dell'assimilazione dello stile rinascimentale fra la corte napoletana.
Nel 1411, Gurello Origlia, protonotaro del regno sotto Ladislao di Durazzo, fece abbattere la piccola chiesa di Santa Maria de Scutellis, sovvenzionando l'edificazione di un nuovo complesso religioso dedicato alla Vergine di Monteoliveto ed affidata ai frati olivetani.
Sulla fabbrica andarono concentrandosi sia l'attenzione del Duca di Calabria, poi sovrano, Alfonso II d'Aragona (1448-1495), che l'interesse dei membri delle famiglie nobili più potenti del regno quali i d'Avalos, i Dentice, i Piccolomini ed i Ruffo, che elargirono cospicue donazioni a favore del complesso di Monteoliveto e spesso si impegnarono nella commissione di cappelle ed opere d'arte volte ad arricchire l'edificio.
Le scelte stilistiche operate nell'edificazione e decorazione del complesso esprimevano un chiaro richiamo alle ricerche ed esperienze artistiche che andarono maturando in ambito fiorentino tra il XV ed il XVI secolo, come segno inequivocabile dei rapporti di natura politica ed economica che gli Aragonesi di Napoli intrattennero con i Medici di Firenze, il cui esponente più insigne, Lorenzo il Magnifico venne investito della carica di Gran Camerario del Regno dal re Ferrante nel 1483.
Molti furono gli artisti che giunsero da tutta la penisola presso il convento di Monteoliveto a prestare la propria opera: sia che fossero richiamati dallo stesso sovrano o che venissero ingaggiati dalla committenza aristocratica, i lavori di questi maestri contribuirono a fare di questo luogo un contesto di elezione per lo studio dell'arte del cinquecento.
Ben quindici cappelle, che ancora oggi conservano il nome della famiglia nobiliare che ne commissionò la decorazione -a cui si sommano ulteriori ambienti- si affacciano sulla navata centrale. Fra queste emerge la Cappella del Santo Sepolcro al cui centro, come in una rappresentazione teatrale di struggente drammaticità, si mostra la composizione scultorea del Compianto sul Cristo morto realizzata dall'artista modenese Guido Mazzoni. Il Mazzoni, già attivo presso la corte di Ercole d'Este, sposo di Eleonora d'Aragona, sorella del re di Napoli, fu tra gli artisti preferiti di Alfonso II.
Quando giunse a Napoli lo scultore era già una personalità matura ed affermata, specializzato nelle scene di Compianto, allestimenti in cui si era già cimentato per la chiesa di Santa Maria degli Angeli a Busseto, per l'Ospedale di San Giovanni della Buona Mortre, per Santa Maria della Rosa a Ferrara ed ancora per il gruppo oggi conservato ai Musei Civici di Padova. Il Compianto di Napoli, databile al 1492, rappresenta quindi la piena affermazione dello stile e delle capacità tecniche e scenografiche del Mazzoni. Le otto statue in terracotta, realizzate a tutto tondo, che compongono il Compianto di Napoli, rappresentano l'espressione della ricerca realistica da parte dell'artista, elemento ravvisabile già nelle dimensioni dei personaggi eseguite a grandezza naturale. La figura del Cristo giacente, posto al centro della scena, adagiato sulla nuda pietra, con il corpo vessato dal martirio della crocefissione, si presenta in tutta la sua caducità umana, con il volto scavato, la mascella abbandonata, in una compostezza drammatica che pone lo spettatore a confronto della realtà dell'evento.
Cristo giacente |
Intorno a lui si affollano personaggi straziati dal dolore, abbandonati alla disperazione, privi di speranza. Inginocchiati in primo piano, Giuseppe d'Arimatea -il cui volto restituirebbe il ritratto di Alfonso d'Aragona, Duca di Calabria- e Nicodemo - che il Pontano riconosceva come il ritratto di re Ferrante- appaiono pervasi da un dolore sommesso e quasi incredulo per quanto si mostra ai loro occhi. Osservando queste due figure non si può non concentrarsi sulla resa fisiognomica estremamente naturalistica che non risparmia ai personaggi rughe, vene pulsanti ed imperfezioni della pelle.
Nicodemo |
Giuseppe d'Arimatea |
Mentre la Madonna, posta all'altezza del capo del figlio, sviene, abbandonata con le vuote braccia le cui mani mostrano i palmi rivolti al cielo, sorretta da Maria di Salome, discepola di Gesù, tre figure in piedi accorrono verso il corpo: la Maddalena, San Giovanni e Maria di Cleofa. Fra loro la Maddalena ritratta con la lunga chioma fluente sparsa sulle spalle, nell'atto di gridare tutta la sua disperazione è la figura che, dopo quella di Cristo, attira lo sguardo dell'osservatore.
La Vergine sorretta da Maria di Salome |
La Maddalena |
San Giovanni |
Maria di Cleofa |
A pochi passi dalla Cappella del Santo Sepolcro, in quello che un tempo era l'antico refettorio del convento, un' altro insigne artista giunse ad arricchire con la sua arte il complesso di Monteoliveto.
Giorgio Vasari giunse a Napoli nel 1544, accompagnato da Raffaellino del Colle e Stefano Veltroni.
Nel corso del loro soggiorno napoletano, che si protrasse per circa un anno, gli artisti si dedicarono alla decorazione delle volte delle tre campate della sala del refettorio. Dominano la decorazione pittorica i temi della Religione, della Fede e dell'Eternità, le cui figure si susseguono in cornici ottagone, rettangolari ed ovali, intervallate, con squisita ritmicità ed equilibrio dalle grottesche realizzate dal Veltroni.
Alle pareti corre il coro ligneo, completamente intarsiato, realizzato da 'fra Giovanni da Verona.
Installato in origine nella Cappella Tolosa, la struttura venne spostata nel refettorio in un secondo momento.
La Cappella Tolosa, realizzata da Giuliano da Majano, venne progettata secondo un puro stile rinascimentale, coperta da una cupola ad ombrello nei cui spicchi si conservano tondi in terracotta invetriata con immagini degli Evangelisti, attribuiti ad allievi di Andrea Della Robbia. Le pareti sottostanti conservano affreschi con storie di santi, attribuiti al veronese Cristoforo Sacco che purtroppo oggi appaiono logorati.
Cappella Tolosa |
Nella vicina Cappella di San Michele, conservato entro una nicchia ad arco ribassato, si ritrova un affresco con la Madonna e il Bambino circondata da San Pietro e Sant'Agostino, ai cui piedi l'anonimo artista di scuola marchigiana, dipinse anche una Pietà.
Le due cappelle poste ai lati dell'ingresso alla chiesa costituiscono due importanti tappe della storia del complesso monastico poiché contengono opere legate ancora una volta a grandi artisti e facoltosi committenti. Sul lato destro dell'ingresso, si apre la Cappella Correale di Terranova, per la quale, nel 1489, Benedetto da Majano realizzò l'altare con l'Annunciazione. Inserite all'interno di una prospettiva architettonica tipicamente rinascimentale, le figure realizzate da Majano denunciano la piena assimilazione della lezione appresa da Donatello.
Altare della Cappella Correale. Giuliano da Majano. Particolare |
Opposta alla Cappella Correale, sorge la Cappella Piccolomini realizzata per accogliere la tomba di Maria d'Aragona, sposa del Duca d'Amalfi, Andrea Piccolomini e figlia del re Ferrante. Per la consorte, morta nel 1470 a soli diciotto anni, il Piccolomini, desideroso di realizzare un sepolcro degno della defunta consorte, si rivolse ad Antonio Rossellino che però non poté terminare l'opera che fu conclusa da Benedetto da Majano. L'altare è occupato dalla pala con la Natività, anch'essa opera di Antonio Rossellino che principiò a lavorarvi durate la realizzazione del monumento a Maria d'Aragona.
La parete di fronte la tomba conserva le tracce di una Annunciazione, posta ai lati di un oculo, che per stile sarebbe riconducibile ad un allievo di Piero della Francesca.
Nel corso dei secoli il monastero subì diverse trasformazioni. Durante la Repubblica Partenopea del 1799 venne soppresso e nei suoi ambienti vennero installati gli uffici del Tribunale. A seguito del ritorno del sovrano Ferdinando IV di Borbone, le strutture vennero annesse al demanio dello stato da cui, nel 1801, per decreto dello stesso Ferdinando IV, passarono all'Arciconfraternita dei Lombardi, la cui chiesa, posta poco distante, era stata danneggiata durante il 1798 e poi rasa al suolo. In tale occasione la chiesa di Monteoliveto assumeva il titolo di Sant'Anna dei Lombardi.
Il viaggio alla scoperta dei segreti della chiesa di Monteoliveto si ferma qui, lasciamo alla curiosità del visitatore scoprire le altre innumerevoli bellezze custodite in questo edificio in cui ogni angolo ha una storia da raccontare...
Cappella del Sangro. Monaco olivetano alla finestra |
INFORMAZIONI
La chiesa e le cappelle di Sant'Anna dei Lombardi sono visitabili gratuitamente dal lunedì alla domenica.
La Sacrestia del Vasari e la Cappella sono comprese nell'area museale il cui ingresso ha un costo di 5 Euro. La domenica l'ala del Vasari non è visitabile.
Indirizzo: Piazza Monteoliveto 4, Napoli.
Bibliografia
AA. VV.- Napoli Sacra. Guida alle chiese della città- Napoli, 2010.
F. Abbate- Storia dell'arte nell'Italia meridionale- 2009.
P. Giannone- Storia civile del Regno di Napoli-1846.
A. Lugli- Guido Mazzoni e la rinascita della terracotta nel Quattrocento- Torino, 1990.
M. Orefice- Napoli Aragonese:tra castelli, palazzi, vicoli e taverne- 1999.
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