Viaggiando sulla Gardesana, attraverso quei comuni più o meno estesi delle tre regioni- Trenitino Alto-Adige, Veneto e Lombardia - che si affacciano sul Garda, è spesso difficile cogliere il reale carattere di questo territorio le cui singole vicende si legano insieme a tracciare una più vasta storia condivisa.
Sulla riva orientale del lago, ai confini con il più noto paese di Garda, si estende il territorio di Bardolino. Sebbene d'importanza storica secondaria rispetto al proprio confinante, il borgo di Bardolino ha partecipato pienamente alla storia di quest'area attestando così la sua funzione dal punto di vista strategico ed economico. Già i romani avevano intuito le potenzialità di questo territorio, fondamentale sia per la posizione geografica, posto sul tracciato viario che poneva in comunicazione la Gallia Cisalpina e le aree nord-orientali dell'Impero, sia per la prosperità del suolo che si prestava ad uno sfruttamento agricolo determinante per l'economia della regione.
In epoca altomedievale i Longobardi vi stanziarono degli insediamenti di cui restano tracce archeologiche; a loro si avvicendò successivamente la componente carolingia, fase storica in cui Bardolino rientrò fra i "fines Gardenses". I secoli compresi tra il X ed il XII videro garantita una certa autonomia del territorio che sebbene risultasse proprietà diretta degli imperatori godeva un buon margine di libertà, tanto da essere prima annoverato fra le iudiciariae e successivamente assumere la qualifica di comitatus. A riprova dell'attenzione rivolta a questo territorio basta pensare che i castelli posti nell'area gardesana erano meta ambita non solo per gli imperatori ma anche per alti dignitari di corte. Il regime di autonomia venne modificato nel 1193, anno in cui il comune di Verona acquistò dall'imperatore Enrico VI (1165-1197) le aree dei "fines Gardenses", tra cui Garda e Bardolino, centri in cui già da anni era presente la determinante componente ecclesiastica, rappresentata dai possedimenti in loco di monasteri quali San Zeno di Verona, San Colombano di Bobbio e il Santa Giulia di Brescia, il cui peso, oltre che palesarsi in ambito economico si rivelava proficuo dal punto di vista artistico.
I rapporti commerciali che il territorio gardesano intrecciò con i centri di Brescia, Mantova, Trento e naturalmente Verona, uniti alla presenza di una forte componente ecclesiastica nell'area, determinarono la circolazione e ricorso ad orientamenti stilistici che contribuirono a tracciare un percorso per molti versi comune alle diverse realtà amministrative affacciate sul Garda.
In tale panorama andarono sviluppandosi, nel corso dei secoli, episodi artistici degni di nota, frutto di quegli scambi culturali da cui non era escluso l'elemento d'oltralpe.
La chiesa di San Severo a Bardolino, posta sul percorso veneto della Gardesana è testimonianza di tale clima e costituisce a tutt'oggi una delle realtà più enigmatiche che si affacciano sul Garda.
Nel 1884 lo storico Carlo Cipolla (1854-1916) notò tracce di affreschi di epoca medievale in un edificio romanico sconsacrato che si avviava ad essere trasformato in un teatro delle marionette, rischiando di perdere così per sempre il ciclo pittorico che custodiva. All'inizio del XX secolo vennero così avviate le prime campagne di indagine archeologica volte a far luce sulla storia della chiesa di cui i si possedevano scarse notizie.
La chiesa di San Severo, viene citata per la prima volta in un diploma promulgato da Berengario I (850-924) che la concedeva al cenobio di San Zeno a Verona, quindi la chiesa doveva essere già stata edificata nel IX secolo, sebbene nei secoli successivi subisse forti rimaneggiamenti strutturali se non proprio una riedificazione ex novo. Oggi la chiesa si presenta come un ambiente tripartito, diviso da arcate a tutto sesto rette da massicce colonne - in cui si dispiega un effetto cromatico garantito dall'alternanza dell'uso della pietra a strati di laterizio- terminante con abside semicircolare ricostruita dopo il 1750.
La chiesa di San Severo, viene citata per la prima volta in un diploma promulgato da Berengario I (850-924) che la concedeva al cenobio di San Zeno a Verona, quindi la chiesa doveva essere già stata edificata nel IX secolo, sebbene nei secoli successivi subisse forti rimaneggiamenti strutturali se non proprio una riedificazione ex novo. Oggi la chiesa si presenta come un ambiente tripartito, diviso da arcate a tutto sesto rette da massicce colonne - in cui si dispiega un effetto cromatico garantito dall'alternanza dell'uso della pietra a strati di laterizio- terminante con abside semicircolare ricostruita dopo il 1750.
Durante le ricognizioni archeologiche venne riportata alla luce una cripta posta al di sotto della pavimentazione absidale: si trattava di una cripta anulare a doppio ingresso con sostegno centrale e pilastrini di reimpiego, risalenti probabilmente ad epoca carolingia, una struttura poco diffusa in zona, che richiamava non solo ad esempi veronesi ma anche ad episodi del nord Europa, ad ulteriore riprova del dialogo culturale che investiva l'area.
Ciò che però costituisce ancora oggi oggetto di dibattito sono i due cicli pittorici conservati sulle pareti della navata centrale, la cui datazione costituisce ancora un'incognita.
Cripta anulare |
Ciò che però costituisce ancora oggi oggetto di dibattito sono i due cicli pittorici conservati sulle pareti della navata centrale, la cui datazione costituisce ancora un'incognita.
La decorazione pittorica, che si sviluppa in tre registri sulla parete meridionale e su quella settentrionale, si presenta oggi, purtroppo, in uno stato estremamente compromesso. Eppure osservando con attenzione le superfici interne è facile ipotizzare che in origine la chiesa dovesse essere quasi completamente affrescata, infatti, oltre alle scene della navata centrale, guardando gli intradossi ed estradossi degli archi è possibile scorgere fasce a motivi geometrici e stilizzazioni di motivi vegetali.
Sulla parete meridionale si dispiegano un ciclo con episodi dell'infanzia di Cristo e scene tratte dall'Apocalisse di San Giovanni. Il ciclo cristologico segue quello che è uno sviluppo classico del tema con momenti salienti quali la Natività e l'Annuncio ai Pastori.
Il ciclo apocalittico si caratterizza per uno spiccato senso narrativo dove prevalente è la solenne drammaticità: tra la Visione di San Giovanni dei Ventiquattro Vegliardi, identificati da un'iscrizione che corre sulla banda superiore in cui è inscritta la scena, si palesa una statica austerità nei volti dei personaggi, distaccati e severi. Diversa invece appare la costruzione scenica che vede l'incedere dei cavalieri che su terrificanti cavalcature travolgono un terzo dell'umanità, colta nell'atto di cadere, quasi a trasmettere la repentinità dell'evento: gli uomini travolti vengono quasi colti di sorpresa mentre sgomento ed incredulità traspaiono dai gesti dei superstiti, sospesi, alcuni, nel tentativo della fuga dinnanzi il pericolo.
INFORMAZIONI
Navata centrale |
Particolare della decorazione dell'intradosso di un arco |
Capitello con tema vegetale |
Il ciclo apocalittico si caratterizza per uno spiccato senso narrativo dove prevalente è la solenne drammaticità: tra la Visione di San Giovanni dei Ventiquattro Vegliardi, identificati da un'iscrizione che corre sulla banda superiore in cui è inscritta la scena, si palesa una statica austerità nei volti dei personaggi, distaccati e severi. Diversa invece appare la costruzione scenica che vede l'incedere dei cavalieri che su terrificanti cavalcature travolgono un terzo dell'umanità, colta nell'atto di cadere, quasi a trasmettere la repentinità dell'evento: gli uomini travolti vengono quasi colti di sorpresa mentre sgomento ed incredulità traspaiono dai gesti dei superstiti, sospesi, alcuni, nel tentativo della fuga dinnanzi il pericolo.
I Ventiquattro Vegliardi (part.) |
Lo sterminio di un terzo dell'umanità |
Se il tema cristologico ed apocalittico trovava una più che larga diffusione negli apparati decorativi dell'epoca, diverso è il discorso per la decorazione della parete settentrionale, dove nei due registri sovrapposti è rappresentato il tema della Leggenda della Vera Croce sviluppato tracciando le Storie di Costantino ed il Ritrovamento della Croce da parte di Sant'Elena. Le composizioni più suggestive sono sicuramente quelle relative al ritrovamento della Croce sia per la ritmicità sicura che l'artista impresse alla composizione sia per il tentativo di inserire le scene in un contesto ambientale ed architettonico ben composto, ravvisabile nonostante il lacunoso stato di conservazione.
Nella scena del Supplizio di Giuda dove si narra l'elemento culminante della storia di Giuda Ciriaco, appare Sant'Elena, che interrogati i giudei sul luogo in cui è nascosta la Croce di Cristo, fa porre Giuda, l'unico a conoscere la verità, in un pozzo asciutto per sette giorni, al termine dei quali l'uomo accetterà di confessare il segreto che gelosamente custodisce. Sant'Elena è qui posta all'interno di una struttura simile ad un tabernacolo, sorretto da colonne e culminante in una copertura merlata, mentre gli attendenti, concentrati ad ascoltare gli ordini impartiti dalla madre di Costantino, sono impegnati ad estrarre Giuda dal pozzo.
Supplizio di Giuda |
A questa scena segue il ritrovamento delle tre croci sepolte fra le quali nessuno uomo sa indicarequale sia quella del figlio di Dio, riconosciuta, nella scena successiva, perché trasportata presso un uomo defunto su cui opera il miracolo della resurrezione.
Ritrovamento della Croce |
Non si sono conservate notizie circa gli artisti che realizzarono il ciclo di San Severo né tanto meno vi sono notizie circa il committente; è possibile ipotizzare, in ragione della scelta tematica inusuale operata per il ciclo della Leggenda della Vera Croce, che la committenza fosse di rango molto elevato e che probabilmente si prospettasse l'obiettivo di onorare l'impero e la figura dell'imperatore nel contesto gardesano, ma questa non rappresenta altro che un'ipotesi.
La decorazione delle due pareti si conclude nel registro inferiore, dove fra gli archi della navata vennero realizzati busti di santi inscritti in medaglioni cremisi, decorati da un motivo a finte perline, tema riproposto anche nelle bande che incorniciano le scene della parete nord. Purtroppo questa sezione appare estremamente danneggiata, permettendo l'osservazione di poche sagome i cui tratti fisionomici sono andati perduti.
Santo posto nel registro inferiore |
Le differenze fra i due cicli e la diversa ritmicità narrativa che propongono ha fatto ritenere si trattasse di due diversi artisti che con ogni probabilità realizzarono la loro opera durante il XII secolo. Tale tesi è sostenuta ormai dalla maggior parte degli studiosi, nonostante alcuni, nel corso degli anni abbiano cercato di porre in relazione lo stile del maestro della Leggenda della Vera Croce con il pittore che realizzò l'Angelo sulla parete interna dell'abside della navata sinistra il cui linguaggio formale denuncia un più stretto richiamo alla matrice bizantina. San Severo non rappresenta un unicum stilistico isolato nel territorio veronese. I suoi affreschi oltre a denunciare dei parallelismi con alcune scene custodite nella chiesa di San Nazaro e Celso a Verona ed ancor più stringenti vicinanze con la decorazione della pieve di Sant'Andrea di Sommacampagna, posta a pochi chilometri da Verona ed anch'essa inserita in un contesto di circolazione di stili ed orientamenti, traccia anche, come evidenziato da Arslan, richiami stilistici con le miniature della Bibbia di Gerbardo, ora alla Biblioteca Nazionale di Vienna.
Angelo della navatella sinistra |
All'interno dell'edificio si ravvisano ulteriori stralci di decorazione pittorica, successivi a quelli fin qui esposti, che per quanto interessanti nel percorso di recupero storico di questa chiesa non riescono a trasmette lo stesso patos suggerito dagli affreschi della navata centrale.
San Severo è spesso visitata distrattamente dai visitatori, se non ignorata da quanti frettolosamente percorrono la Gardesana verso più note mete turistiche, eppure ancora una volta, i piccoli centri dimostrano di offrire visite stimolanti per chi è alla ricerca di nuove storie...
Santo Vescovo |
La chiesa di San Severo si trova nel comune di Bardolino in provincia di Verona.
Piazzetta San Severo 5.
L'ingresso è gratuito ed è visitabile in ogni giorno della settimana.
Bibliografia
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G.P.Brogiolo (a cura di)- Archeologia a Garda e nel suo territorio (1998-2000)- Firenze, 2006.
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A.M. Caiani- Gli affreschi della chiesa di San Severo a Bardolino- Verona, 1968.
A. Castagnetti-I possessi del monastero di S.Zeno a Bardolino in Studi Medievali 3a serie, XIII, 1972- Spoleto
Y. Christe- Le cycle inédit de l'Invention de la croix à S. Severo de Bardolino. In "Comptes rendus des sèances de l'Academie des Inscriptions et Belles-Lettres, 122 année, N.1, 1978, pp.76-109
F.F. d'Arcais- La pittura nel Veneto: le origini, vol.I- Milano, 2004.
M. Mason- Osservazioni sulla pittura lombarda tra X e XII secolo. Il territorio veronese in Architettutra dell'XI secolo nell'Italia del Nord.Pavia 8,9,10 aprile 2010, convegno internazionale a cura di A. Segagni Malacart e L.C. Schiavi- Pisa, 2013.
G. Sala- Chiese medievali del Garda veronese. Centro studi per il territorio Benacense- Sommacampagna, 1999.
G. Sala- La chiesa di San Severo a Bardolino nella storia e nell'arte- Verona, 1986.
R. Salvarani (a cura di)- Romanico sul Garda. Atti del convegno, Desenzano del Garda, 11-12 novembre 2000- Brescia 2002.
F.Zuliani- Bardolino in Enciclopedia dell'Arte Treccani.
F. Zuliani (a cura di)- Veneto Romanico- Milano, 2008.
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