"Lasciando il mare, arrivammo ben presto
nella sorridente pianura di Fondi.
Questo angolo di terra fertile e ben coltivata,
racchiuso da montagne non troppo aspre,
non può non sorridere a chiunque lo percorra."
J.W.Goethe
Fin da epoche remote, il territorio di Fondi, posto lungo la via
Appia, stretto fra il mare ed i monti Aurunci ed Ausoni, è stato scenario di
eventi storici significativi.
Teatro di intrighi, lotte per
il potere, conflitti fra papato ed impero, tra medioevo e rinascimento Fondi visse un periodo di straordinaria vivacità culturale, frutto del mecenatismo di quei signori che ne detennero il dominio e che, attraverso le arti, intendevano lasciare la propria impronta sul territorio.
La ridotta distanza che lo separa da Itri
e Terracina, nonché la vicinanza con la potente Gaeta,
hanno favorito, nel corso dei secoli, l'attiva partecipazione di Fondi alla vita politica del
centro-sud: prefettura romana nel III sec. a.C., dichiarata civitas nel
188 a.C., munita di una cinta muraria -di cui alcuni tratti caratterizzano
ancora il contesto urbano contemporaneo- è a partire dal medioevo che Fondi
iniziò a vivere il periodo più vivace della sua storia. Papa Giovanni X ne affidò il dominio agl'ipati di
Gaeta che ne curarono il governo tra i secoli X-XII. Non si hanno purtroppo notizie certe circa le prime
dimore che i funzionari bizantini edificarono nell'area fondana, ne quale fosse la loro esatta localizzazione.
Bisogna attendere gli anni del dominio della famiglia dell'Aquila per avere notizie documentate di un primo edificio adibito a palatium, cellula iniziale su cui andranno, nel corso dei secoli, sviluppandosi il castello ed il palazzo Caetani.
Nel 1299 Roffredo III Caetani (1270-1336), pronipote di papa Bonifacio VIII (1230-1303), sposò Giovanna dell'Aquila, che in qualità di ultima erede di Riccardo conte di Fondi, ne portò in dote allo sposo i territori. Il matrimonio fra i due s'inseriva nella politica espansionista della famiglia Caetani che mirava a creare una strategica rete di possedimenti nel Lazio al fine di poter assumere un ruolo politico di rilievo.
La politica territoriale promossa da Roffredo mirò al potenziamento dell'area grazie anche ad interventi volti al risanamento delle zone paludose che circondavano Fondi, oltre ad un azione di incremento della rete stradale cittadina. E' probabile che già sotto Roffredo venisse realizzata una prima struttura residenziale signorile, se nell'anno della sua morte, sotto il suo erede, conte Nicola, in un documento ufficiale redatto per la stipula di un trattato di pace, si fa menzione del palazzo dicti comitis.
Un luogo quindi nevralgico per la gestione del territorio che alcuni anni dopo, nel 1378, divenne scenario di un evento dal peso determinante per l'intera cristianità. In quell'anno infatti, Onorato Caetani (1336-1400), invitò presso il suo palazzo di Fondi tutti quei cardinali che si opponevano all'elezione di un nuovo papa di origini francesi, scelta che avrebbe potuto rinnovare l'esperienza di un nuovo allontanamento della curia da Roma già vissuta durante la cattività avignonese. Riunitisi in conclave il 20 settembre, gli alti prelati designarono Roberto di Ginevra (1342-1394) a salire sul soglio di Pietro con il nome di Clemente VII. A seguito dell'elezione che diede avvio al Grande Scisma d'Occidente, il palazzo Caetani assunse il ruolo di residenza dell'antipapa, fatto che contribuì a fare di Fondi un centro nevralgico, frequentato non solo da ecclesiastici ma anche da nobili ed intellettuali.
Durante la signoria Caetani il palazzo assunse i connotati di centro del potere locale ma ancor più quello di residenza nobiliare, arricchita da apparati decorativi di gusto tutt'altro che provinciale. La locazione geografica di Fondi, posta quasi a metà strada tra Roma e Napoli, nonché il dinamismo politico e l'audacia militare e la vivacità culturale dei Caetani, legati non solo alla città di Pietro ma anche alla Capitale del Regno di Napoli, contribuirono a far giungere nell'area fondana le innovazioni artistiche più alla moda che già diffuse nei due centri. Oggi, a seguito di alterne e spesso sfortunate vicende legate alla sopravvivenza dell'edificio, è ancora possibile osservare alcuni resti del mecenatismo caetano che campagne di restauro inerenti buona parte degli ambienti del palazzo ne hanno reso possibile la fruizione. Fra questi, l'ambiente che suscita maggior interesse è sicuramente la cosiddetta camera picta supra iardenum.
La decorazione superstite fa ritenere che l'ambiente, originariamente coperto da un tetto a spioventi, fosse interamente dipinto secondo un gusto frutto dell'incontro tra cultura gotica e memoria classica. Sul registro inferiore superstite è ancora possibile osservare un finto cornicione ad arcatelle sui cui spicchi vennero realizzate anfore bi-ansante, dalle forme antichizzanti, mentre nelle volte trovano locazione bianchi uccelli ad ali spiegate che potrebbero richiamarsi allo stemma dei dell'Aquila, e quindi essere letti come possibili riferimenti alla casata di Giovanna, sposa di Roffredo. Oltre la finta architettura, una fascia in tre colori è intervallata ritmicamente da dischi con fiori a sei petali. Tale fascia separa le arcatelle inferiori dal registro superiore dove su un fondo in cui prevale il blu cobalto si dispiega un gioco di carnosi racemi d'acanto e lussureggianti fiori quasi a rendere una preziosa tappezzeria arricchita da immagini di oziosi ed eleganti pavoni.
In tale tripudio decorativo, però, la scena più interessante si dispiega sulla parete sud-ovest.
Sebbene molto danneggiata e irrimediabilmente mutila, la decorazione che vi si conserva è interessante non solo perché rappresenta un unicum pittorico nell'area del basso Lazio, ma ancor più per l'enigma che investe l'interpretazione di tale scena.
Inseriti in uno spazio delimitato da colonne tortili sormontate da capitelli corinzi, sei personaggi, di cui uno ormai del tutto perduto, appaiono impegnati in un cortese dialogo. Sulla sinistra, incorniciato in uno stilizzato edificio classico, un sovrano ammantato di rosso, siede solenne sul trono mentre la mano destra è volta ad indicare i suoi interlocutori.
Nel 1299 Roffredo III Caetani (1270-1336), pronipote di papa Bonifacio VIII (1230-1303), sposò Giovanna dell'Aquila, che in qualità di ultima erede di Riccardo conte di Fondi, ne portò in dote allo sposo i territori. Il matrimonio fra i due s'inseriva nella politica espansionista della famiglia Caetani che mirava a creare una strategica rete di possedimenti nel Lazio al fine di poter assumere un ruolo politico di rilievo.
La politica territoriale promossa da Roffredo mirò al potenziamento dell'area grazie anche ad interventi volti al risanamento delle zone paludose che circondavano Fondi, oltre ad un azione di incremento della rete stradale cittadina. E' probabile che già sotto Roffredo venisse realizzata una prima struttura residenziale signorile, se nell'anno della sua morte, sotto il suo erede, conte Nicola, in un documento ufficiale redatto per la stipula di un trattato di pace, si fa menzione del palazzo dicti comitis.
Un luogo quindi nevralgico per la gestione del territorio che alcuni anni dopo, nel 1378, divenne scenario di un evento dal peso determinante per l'intera cristianità. In quell'anno infatti, Onorato Caetani (1336-1400), invitò presso il suo palazzo di Fondi tutti quei cardinali che si opponevano all'elezione di un nuovo papa di origini francesi, scelta che avrebbe potuto rinnovare l'esperienza di un nuovo allontanamento della curia da Roma già vissuta durante la cattività avignonese. Riunitisi in conclave il 20 settembre, gli alti prelati designarono Roberto di Ginevra (1342-1394) a salire sul soglio di Pietro con il nome di Clemente VII. A seguito dell'elezione che diede avvio al Grande Scisma d'Occidente, il palazzo Caetani assunse il ruolo di residenza dell'antipapa, fatto che contribuì a fare di Fondi un centro nevralgico, frequentato non solo da ecclesiastici ma anche da nobili ed intellettuali.
Durante la signoria Caetani il palazzo assunse i connotati di centro del potere locale ma ancor più quello di residenza nobiliare, arricchita da apparati decorativi di gusto tutt'altro che provinciale. La locazione geografica di Fondi, posta quasi a metà strada tra Roma e Napoli, nonché il dinamismo politico e l'audacia militare e la vivacità culturale dei Caetani, legati non solo alla città di Pietro ma anche alla Capitale del Regno di Napoli, contribuirono a far giungere nell'area fondana le innovazioni artistiche più alla moda che già diffuse nei due centri. Oggi, a seguito di alterne e spesso sfortunate vicende legate alla sopravvivenza dell'edificio, è ancora possibile osservare alcuni resti del mecenatismo caetano che campagne di restauro inerenti buona parte degli ambienti del palazzo ne hanno reso possibile la fruizione. Fra questi, l'ambiente che suscita maggior interesse è sicuramente la cosiddetta camera picta supra iardenum.
La decorazione superstite fa ritenere che l'ambiente, originariamente coperto da un tetto a spioventi, fosse interamente dipinto secondo un gusto frutto dell'incontro tra cultura gotica e memoria classica. Sul registro inferiore superstite è ancora possibile osservare un finto cornicione ad arcatelle sui cui spicchi vennero realizzate anfore bi-ansante, dalle forme antichizzanti, mentre nelle volte trovano locazione bianchi uccelli ad ali spiegate che potrebbero richiamarsi allo stemma dei dell'Aquila, e quindi essere letti come possibili riferimenti alla casata di Giovanna, sposa di Roffredo. Oltre la finta architettura, una fascia in tre colori è intervallata ritmicamente da dischi con fiori a sei petali. Tale fascia separa le arcatelle inferiori dal registro superiore dove su un fondo in cui prevale il blu cobalto si dispiega un gioco di carnosi racemi d'acanto e lussureggianti fiori quasi a rendere una preziosa tappezzeria arricchita da immagini di oziosi ed eleganti pavoni.
In tale tripudio decorativo, però, la scena più interessante si dispiega sulla parete sud-ovest.
Sebbene molto danneggiata e irrimediabilmente mutila, la decorazione che vi si conserva è interessante non solo perché rappresenta un unicum pittorico nell'area del basso Lazio, ma ancor più per l'enigma che investe l'interpretazione di tale scena.
Inseriti in uno spazio delimitato da colonne tortili sormontate da capitelli corinzi, sei personaggi, di cui uno ormai del tutto perduto, appaiono impegnati in un cortese dialogo. Sulla sinistra, incorniciato in uno stilizzato edificio classico, un sovrano ammantato di rosso, siede solenne sul trono mentre la mano destra è volta ad indicare i suoi interlocutori.
Fra il sovrano e le tre figure poste sulla destra, in origine vi era un altra immagine virile, di cui resta solo una piccola traccia di un mantello rosso: probabilmente tale personaggio, all'interno della rappresentazione pittorica, assolveva il compito di mediatore tra l'anziano sovrano assiso e l'uomo incoronato che dalla gestualità sembra intrattenere uno scambievole dialogo con il re. L'incedere di questa figura è stata resa con grazia ed eleganza, il suo procedere è quasi rappresentato come un passo di danza, movenze che vengono ripetute dall'uomo del seguito alle sue spalle.
Sebbene diverse siano state le interpretazioni proposte per questa scena, interessante appare la tesi avanzata da Mario D'Onofrio, proposta durante il Convegno Internazionale di Studi "Fondi nel Medioevo", tenutosi nel 2013. In tale occasione, il professor D'Onofrio, nell'approfondire lo studio sul ciclo fondano, suggerì l'ipotesi che su tale parete sia stato rappresentato l'episodio virgiliano dell'incontro tra Enea ed il re degli Arcadi, Evandro, cantato nell'VIII libro dell'Eneide - "Allora Enea si rivolge al re con parole amiche:/ Ottimo dei figli di Grecia, a cui la Fortuna/ volle che rivolgessi preghiere e protendessi rami adorni/ di bende, certo non ti temetti come capo di Danai,/ e arcade, e come congiunto di stirpe ai due Atridi;/ ma il mio proprio valore e i santi oracoli degli dei,/ e gli avi consanguinei, e la tua fama diffusa nel mondo,/ mi unirono a te, e mi spinsero volente coi fati."
Una tale interpretazione si presterebbe ad individuare anche l'identità del personaggio centrale mancante, riconosciuto, pertanto, come Pallante, il figlio di Evandro che condusse Enea dal padre.
Sconosciuta resta l'identità del maestro che operò in quest'ambiente, sebbene la qualità pittorica esibita faccia propendere per un personaggio dalla matura e composita professionalità, un artista chiamato forse dallo stesso Roffredo, allo scopo di decorare con scene dal chiaro valore simbolico una stanza in cui probabilmente il signore attendeva alle proprie mansioni politiche ed amministrative.
La camera picta non è però l'unico ambiente a serbare tracce pittoriche -oltre ad alcune testimonianze conservate presso la camera dell'oratorio e nella camera prossima il salone di rappresentanza- in una nicchia della sala grande si conservano due immagini poste in registri sovrapposti: nella lunetta, Cristo, recante il libro aperto, appare ieratico mentre viene incoronato da due angeli, nel registro inferiore un uomo dall'aspetto solenne, vestito con una cotta di ermellino, viene incoronato con l'infula da due angeli.
L'identificazione del personaggio qui ritratto e la motivazione della sua presenza nella sala grande del palazzo, luogo di rappresentanza designato, ha destato non poche perplessità, fin quando, grazie ad uno studio condotto da Federica Savelli, basandosi su una ricerca operata sui temi araldici, è stato possibile indicare nello sconosciuto Carlo II Blois-Chatillon (1319-1364) dichiarato beato nel 1369. La presenza di tale richiamo nel palazzo Caetani potrebbe essere riconducibile ai legami che la casata anagnina intrattenne con la casata angioina, riconducibile agli anni di dominio di Onorato I.
Se la politica di Onorato I denuncia i legami con la casa angioina, nel corso degli anni, ed a causa dei rovesciamenti dinastici, i Caetani dimostrarono di essere molto accorti nella scelta del partito a cui associarsi. Già prima del 1464, anno in cui si concluse il conflitto angioino-aragonese per il Regno di Napoli, i Caetani avevano da tempo preso partito per il casato aragonese, dimostrando tale lealtà e spirito di abnegazione, che il sovrano, Ferrante, accordò ad Onorato II il permesso di incrociare il suo stemma a quello di Aragona. Tale episodio lasciò le sue tracce all'interno del palazzo, dove ancora oggi è possibile osservare tale stemma sulla chiave di volta della cappella.
I contatti con la corte aragonese costituirono ulteriori spinte per il mecenatismo di Onorato II che s'impegnò in una campagna di rinnovamento allo scopo di porre Fondi in una posizione culturalmente, ed artisticamente, al passo con quanto avveniva nelle più raffinate corti d'Italia.
In questo periodo le finestre del palazzo si arricchirono di preziosi ricami in pietra di chiaro stile flamboyant, a cui si accompagnavano arredi lapidei di stile catalano od ancora di matrice fiorentina.
I peducci delle finestre della dimora Caetani conservano ancora le sculture dei suonatori di liuto che si affiancano ad aquile o draghi: richiamo all'arte musicale che ebbe ruolo centrale nelle corti raffinate dei signori nonché posto preminente nella formazione di ogni nobiluomo del tempo.
I richiami ai fasti di corte palesati in questi elementi lapidei si affiancano a piccoli capricci scultorei, singolarità da ricercare sui davanzali o fra le nervature degli archi, come piccoli topolini o lucertole stese al sole.
Il palazzo Caetani di Fondi è stato recuperato dopo una lungo intervento di restauro che ha dovuto far fronte non solo al normale disfacimento di una struttura antica, ai danni provocati dal secondo conflitto mondiale, ma ancor più alle alterazioni provocate nei secoli da proprietari che non sempre hanno saputo leggere e tutelare un patrimonio che oltre a raccontare tanto della storia locale, si intreccia con la storia dell'interno meridione. Il suo recupero e la fruizione da parte della collettività rappresenta quindi un passo decisivo nel recupero del patrimonio dislocato nelle province.
INFORMAZIONI
Il Palazzo Caetani è aperto al pubblico.
I prossimi orari di visita:
Nel mese di agosto sarà possibile visitarlo dal martedì al giovedì: 10:00/13:00- 18:00/23:00
venerdì, sabato e domenica: 10:00/13:00- 18:00/24:00;
Nei mesi di settembre ed ottobre sarà possibile visitarlo il lunedì, mercoledì, venerdì: 9:00/13:00
martedì e giovedì: 9:00/13:00- 15:00/17:00.
Per visite guidate è possibile contattare Gaetano Visca tel. 3282632805.
Corso Appio Claudio 3, Fondi (Latina)
Bibliografia
A.Acconci (a cura di)- Fondi e la committenza Caetani nel Rinascimento. Atti del convegno (Fondi 24 maggio 2012)-Roma, 2013.
M.Gianandrea, M. D'Onofrio (a cura di)- Fondi nel Medioevo- Roma, 2016.
F.Martusciello- La riscoperta di alcune pitture murali nell'ambito dei lavori di recupero del Palazzo Caetani di Fondi in Itinerari della memoria. Fondi: storie di luoghi, uomini e santi- Formia, 2012.
G. Pesiri, P.F. Pistilli (a cura di)- Il Palazzo Caetani di Fondi. Cantiere di Studi- 2012.
S.Vasco Rocca- Il palazzo baronale di Fondi in Fondi e la Signoria dei Caetani. Catalogo della mostra, Fondi 13 giugno-13 settembre- Roma, 1981.
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